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C'era una volta a... Hollywood

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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La recensione su C'era una volta a... Hollywood

di Giorpost
8 stelle

Omaggio alla Hollywood di fine anni sessanta, culminante nella notte della famigerata strage di Cielo Drive. Tarantino ci porta sul set come Truffaut ritrovando l'ispirazione in quella L.A. che fece da palcoscenico al suo lavoro più importante, Pulp Fiction, non ancora eguagliato nonostante, nel suo 9° film, si riscontra qualcosa di molto simile.

Tarantino si veste da Truffaut abbattendo la quarta parete, cambiando (ancora) la storia e omaggiando a piene mani, stavolta libere, il Cinema.

 

Febbraio 1969, Los Angeles: Rick Dalton è una star della TV anni '50 che non riesce a sfondare sul grande schermo, salvo piccoli ruoli da cattivo in pellicole d'azione; va in giro da un decennio con l'inseparabile Cliff Booth, sua controfigura ufficiale, autista personale e migliore amico, ubriacandosi, fumando e perdendo sempre più fiducia in se stesso. In una Hollywood che va sempre più trasformandosi culturalmente e nella quale si da sempre più spazio a registi e star d'oltreoceano -soprattutto europei- Rick vede scivolare via il sogno di diventare un divo.

A seguito di una chiacchierata con il manager Schwarzs, che lo butta nella più totale disperazione, e dopo aver riconquistato una certa sicurezza recitando nel pilota della nuova serie Lancer, Dalton è costretto, suo malgrado, ad accettare la proposta di recarsi a Roma per partecipare ad una manciata di western movie, altrimenti detti spaghetti-western, e spy-story all'italiana, unico modo per rilanciare una carriera destinata a sicura decadenza.
E mentre in California si organizzano feste in mega-ville di imprenditori dell'editoria erotica e le hippie adolescenti fanno l'autostop per adescare nuovi amanti e adepti (per iniziarli alla setta della Manson Family), Dalton si rende conto che non può più mantenere il suo tenore di vita, a partire dal fidato galoppino tuttofare Cliff e soprattutto la lussuosissima villa "su Beverly", confinante proprio con quella di Roman Polanski e la bella moglie Sharon Tate...

Tarantino torna alle origini, torna a Los Angeles e torna ad essere finalmente ispirato. Il suo nono film, C'era una volta a... Hollywood, ci riconsegna un autore nuovamente dotato di quella brillantezza parzialmente accantonata; l'opera, che per i suoi standard si svolge attraverso un orizzonte temporale insolitamente lineare, è idealmente suddivisa in tre blocchi, risultando al tempo stesso un dramma sull'incapacità umana nel sapersi reinventare (nella prima parte), una commedia delle citazioni (in quella centrale) e uno splatter movie con spolverata di thriller, nel concitato e psichedelico finale.
Il regista americano ci delizia con delle trovate molto interessanti, degne del suo repertorio ma anche -ad esempio- del miglior Scorsese, se pensiamo alla straordinaria sequenza di Leonardo DiCaprio alle prese con i ciak della nuova produzione a cui prende parte (spronato da un'attrice bambina che ricorda la Fanning, deliziosa autocitazione) oppure quando seguiamo Sharon Tate in giro per L.A. tra shopping e sale cinematografiche nelle quali entra senza pagare per verificare le reazioni del pubblico alla sua interpretazione (vera) in una pellicola con Dean Martin, o ancora lo stuntman Cliff Booth alle prese con la "comune" hippie in un ranch apparentemente abbandonato. Si sprecano gli omaggi, a partire dal titolo stesso, chiaro riferimento a Sergio Leone, ma anche a Steve McQueen, presente come personaggio (interpretato dal somigliante Damian Lewis in un cameo) ma anche in qualità di attore che ipoteticamente rinuncia all'ultimo momento al ruolo di protagonista nel leggendario La grande fuga e sostituito (in una sorta di sogno lucido) da Rick Dalton-DiCaprio in una imperdibile ed esilarante sequenza...
Mister Tarantino, come è già noto, ama da sempre il Cinema, si nutre di esso, specie quello italiano, compresi i B-movies e i registi di culto di quegli anni, a cominciare dal grande Sergio Corbucci e finendo con quel filone cinematografico che partorì Bud Spencer e Terence Hill.
Senza più i vincoli di Weinstein Tarantino ha le mani libere, e si vede: si diverte a citare, omaggiare, mettere in scena gigantografie tipiche del tempo (una di queste ritrae un ibrido tra i due divi DiCaprio e Pitt) con un'attenzione maniacale al periodo, soprattutto negli abiti, nelle pettinature, nelle automobili e nell'immancabile feticismo per i piedi di donna, "patologia" sviluppatasi proprio in quel decennio.
Magari stavolta i dialoghi risultano meno freschi e veloci del passato, questo si, ma sono più ipnotici: difficile, infatti, distogliere l'attenzione dai duelli verbali che Brad Pitt (a mio avviso finalmente utile alla causa) intrattiene con l'inquietante Dakota Fanning prima e con il "vero" Bruce Lee, poi. Quest'ultimo, tuttavia, viene dipinto in maniera -sorprendentemente- oltraggiosa, facendolo passare per arrogante e saccente: proprio da quel cineasta che ha sempre dichiarato di amare la star di Hong Kong (citato e copiato in Kill Bill - volume 1) in molti non ci saremmo aspettati un trattamento del genere, unica vera nota stonata del film. Un lavoro che, tra l'altro, vede diverse comparse di attori legatissimi al regista come gli onnipresenti Michael Madsen e Kurt Russel (che "cede" il ruolo dello stuntman a Pitt) il quale, verso la fine, prende anche il timone della narrazione.
Ma Tarantino ci ha anche abituati ai finali alternativi, e allora dopo la "sua" versione della fine del Nazismo e una sua personale visione vendicativa dello schiavismo americano, non poteva mancare un pensiero per la strage di Cielo Drive, residenza di Polanski che fu teatro del massacro di 5 persone (compresa la succitata attrice australiana) da parte di 3 folli seguaci di Charles Manson: senza eccessivi spoiler, va detto che è nettamente preferibile il finale secondo Quentin.
Il cineasta di origini italiane mette sul tappeto anche un'altra corrente cinematografica a lui molto cara, la Nouvelle Vogue: impossibile non pensare al Truffaut di Effetto Notte durante le scene di "cinema nel cinema" allorquando, abbattendo la quarta parete, assistiamo ad un bravissimo DiCaprio guidato magistralmente dalla troupe di Lancer.
Lasciatemi dire che è stato bello, per non dire emozionante, assistere alla (seppur breve) ultima prova di Luke Perry, prematuramente scomparso pochi mesi fa, star televisiva degli anni '90 che non ha avuto molta fortuna sul grande schermo, proprio come Rick Dalton.
C'era una volta a... Hollywood è un film che resterà nella memoria, che non raggiunge l'apice di Pulp Fiction ma che si colloca tra i lavori più profondi e riusciti di Quentin Tarantino.
Voto: 8,5

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