Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film
Per riuscire a percepire pienamente l'essenza di questa ultima opera di Quentin Tarantino, ho voluto vederla due volte e mi sono presa qualche giorno prima di arrivare a scriverne.
Scrivere di un film come C'era una volta a... Hollywood può essere frustrante e soddisfacente allo stesso modo. Il timore è quello di omettere qualche aspetto importante ma la gioia che mi muove quando guardo un film complesso, alla fine ha sempre la meglio e sfornare una recensione diventa un atto liberatorio.
Partiamo dal presupposto che, ognuna delle due visioni, ha generato in me diverse sensazioni che stranamente si sono compensate andando a creare un giudizio unico ed inequivocabile. Se la prima visione mi ha portato un senso di delusione, per la lunghezza eccessiva di alcune scene, la seconda mi ha aiutato a comprenderne il senso e ad apprezzare ancora di più il finale che avevo amato fin da subito.
"Non è il miglior Tarantino" è stato uno dei primi commenti che ho pronunciato. Pur possedendo i tratti caratteristici delle pellicole di Quentin, come la scelta di allungare volutamente delle scene solo per l'esclusivo piacere di fare cinema, o piuttosto lo sviluppo parallelo dei vari personaggi che culmina poi in un finale che li accomuna tutti, la sensazione è quella di non riuscire a percepire completamente il racconto, almeno non come accade in altre pellicole del regista, per esempio Bastardi senza gloria, dove il coinvolgimento è continuo e totale.
La decisione di concentrare l'attenzione sulla "giornata tipo" dei tre protagonisti della pellicola, inizialmente non l'avevo compresa poi però ho capito: è l'unico modo che il regista ha di catturare lo spettatore per portarlo indietro nel tempo. Questo non toglie che ci siano scene davvero troppo prolisse per essere seguite con il piacere che meritano e finiscono per essere il neo più vistoso sulla quasi perfetta sceneggiatura che compone il film.
La coppia DiCaprio/Pitt non poteva fare meglio. Pur sorprendendomi della bravura di Pitt che riesce a calarsi nel ruolo in modo quasi simbiotico, è difficile distogliere lo sguardo da DiCaprio. Rick Dalton sembra essere stato scritto appositamente per lui e il connubio con quello di Cliff Booth lo rende un personaggio unico di cui DiCaprio è trascinatore assoluto.
Lo stesso non può dirsi di Margot Robbie. Pur muovendo la nostalgia del cinefilo più colto, grazie ad una buona e somigliante interpretazione di Sharon Tate, è evidente che la sua presenza sia dettata dalla creazione del favolistico finale e diventa una sorta di MacGuffin necessario alle finalità del racconto, alla quale viene affidata una delle scene oblunghe di cui sopra che, ai fini della narrazione, risulta essere effettivamente superflua e inutile.
A livello di visione complessiva, l'ultima fatica di Tarantino possiede immagini stupefacenti, la fotografia tende a raccontare un'epoca, ricreare un ambiente in modo talmente fedele che lo sguardo ne diventa dipendente, fino a non poterne fare più a meno, qualcosa che gli occhi cercheranno ancora.
La conseguenza di tutto questo sarà quella disumana voglia di voler partire subito per andare ad Hollywood; ma non quella di oggi, quella di fine anni 60, con le luci al neon dei locali che si accendono al calar del sole, la musica favolosa che esce dalle casse di una delle tante auto colorate che invadono le strade di quel mondo fatato che ... C'era una volta...
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