Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film
L'ultima pellicola di Tarantino non è che una favola e una poesia dedicata al suo più grande amore, il Cinema. Un film intimo e contemplativo ma anche celebrativo su un'era (quasi) dimenticata del cinema ma per lui importantissima: quella della sua infanzia. Con una dedizione e un pudore che però si rivelano il vero limite della pellicola.
C'era una volta...Quentin Tarantino?
Si può.. tranquillamente.. parlare di mezza delusione?
...
"... Forse?" "...In parte?" "...Non provarci nemmeno per scherzo?"
...
Perchè, ammettiamolo, ci stà anche un pò di delusione...in parte dovuta probabilmente alle enormi aspettative che un progetto e i nomi coinvolti in una tale operazione si portava dietro, in parte anche (soprattutto?) per le incensanti lodi e gli entusiasmi della critica americana che parlavano del suo ennesimo "capolavoro" o comunque di un Tarantino ormai adulto e maturo (ovviamente in senso cinematografico).
Non che io ci credessi molto, in realtà, conoscendo la natura della pellicola probabilmente anche agiografica sul cinema in generale (ma soprattutto hollywoodiano) e di come questo, di solito, possa venire particolarmente apprezzato, anche oltre i reali meriti, da una certa critica a stelle a strisce, ma al netto di tutto questo dopo aver visto il film è comunque innegabile (per tutti o quasi) che Tarantino, in passato, abbia fatto sicuramente di meglio.
E senza per questo, sia chiaro, voler denigrare o squalificare eccessivamente questa pellicola.
Pellicola che in fin dei conti non è nient'altro che una favola (ancora una volta), una poesia rivolta al suo più grande amore fin da bambino, il cinema, evocato qui anche con grande riguardo e pudore, forse persino troppo.
E forse è proprio qui che vi si può trovare la grande pecca del film: un Tarantino in un ossequioso omaggio a un cinema che fu e quindi più trattenuto e scontato del solito, meno cinico e impudente rispetto ai suoi precedenti lavori, e, forse per la prima volta, con un film che poteva durare tranquillamente di meno, e senza che questo potesse ritenersi affatto scandaloso.
Ma è anche un Tarantino più svagato, più interessato e coinvolto nella ricostruzione maniacale di set, ambienti e atmosfera della vecchia Hollywood (praticamente perfetti) che non rispetto alla sceneggiatura e a dialoghi più slabbrati, meno compatti e articolati come è invece tipico dei suoi lavori migliori.
Quello che sicuramente funziona è invece l'inedita coppia di protagonisti formata da Leonardo Di Caprio e Brad Pitt, entrambi gia in passato al lavoro col regista, che interpretano due naufraghi della società hollywoodiana, un attore di serie B in disarmo e la sua controfigura, oltre che suo personale factotum quando non lavora da Stunt-man (ovvero quasi sempre!), nella mecca del cinema del 1969, in un periodo molto difficile della loro carriera e in cerca di rilancio.
Ma che si ritrovano ad avere il regista Roman Polanski e la moglie Sharon Tate come vicini di casa. E a pochi mesi dal "fattaccio".
A Di Caprio spetta la parte più matacinematografica e citazionista della pellicola, in un ruolo ispirato indirettamente alla carriera di Clint Eastwood, mentre a Pitt è invece affidata il personaggio più cool e interessante (secondo me ispirato a Steve McQueen, tra l'altro anche lui presente nel film in un cameo interpretato da Damian Lewis) ma in fondo anche il più semplice tra i due, e nonostante abbia comunque le scene più importanti e memorabili della pellicola.
I due guidano un cast assolutamente stellare, tra amici e vari conoscienti del regista, per quanto interpretino ruoli minori quando non addirittura semplici camei (menzione personalissima invece per la giovanissima Margaret Qually e sentiti ringraziamenti anche per la mamma, Andy MacDowell). Anche la stessa Margot Robbie, seppur (bellissima!) nel ruolo di Sharon Tate, ha un ruolo molto più marginale di quanto ci si aspettasse (e nell'economia della storia addirittura inutile, ma anche questo fa parte del "giochino" costruito a tavolino del Taranta).
Riguardo invece il per molti controverso finale della pellicola, sono principalmente tre gli aspetti che, alla sua visione, mi sono venuti in mente.
- Il primo è che il cinema è specificamente finzione. Per quanto può essere ispirato a fatti reali (come la vicenda Manson in questo caso o, addirittura, la Seconda Guerra Mondiale) è comunque l'interpretazione personale di un autore e una sua rappresentazione, quindi anche fallace o distorta, della realtà. Il cinema quindi non soltanto non può essere realtà ma, per Tarantino, NON DEVE assolutamente esserlo. E nemmeno (o soprattutto) farlo credere.
- Il secondo punto, collegato al precedente, e che la realtà e spesso crudele e terribile e non lascia scampo (come nel tragico caso di Sharon Tate) ma la finzione cinematografica, proprio in quanto tale, può invece permettersi di avere comunque un lieto fine.
Perchè la realtà purtroppo non accontenta quasi mai il bisogno della gente.
Ma il cinema sì, il cinema può farlo. Anzi, il cinema DEVE farlo.
Il Cinema che vince sulla realtà. Almeno sullo schermo.
E' soprattutto questa la sua principale funzione.
Regalare sogni, per quanto irreali e/o provvisori, alla gente.
- Terzo punto, nel film abbiamo il più grande regista del mondo con una delle attrici più famose e ammirate di Hollywood che vivono, fianco a fianco, con un attore di serial TV (e uno stuntman).
Il Cinema di Serie A che (con)vive accanto al cinema di serie B (il grande amore del Taranta, e non è certo un caso che i protagonisti del film siano quest'ultimi e non i primi).
Vicini/uniti in quanto, volenti o meno, parte di un unico e solo organismo chiamato cinema.
Non solo ma, nel momento del bisogno, sono proprio questi ultimi ad accorrere in soccorso dei primi, risolvendo una situazione estremamente pericolosa così come il cinema di genere o minore, e le sue influenze sul cinema hollywoodiano, ha permesso a quest'ultimo di evolversi portanto alla nascita di un nuovo tipo di cinema (la New Hoollywwod?) più coerente e maggiormente vicino alla realtà di tutti i giorni.
O almeno è questa la favola della buonanotte che Tarantino, a modo suo, ci ha voluto raccontare. Forse.
VOTO: 7,5
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