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C'era una volta a... Hollywood

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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La recensione su C'era una volta a... Hollywood

di steno79
8 stelle

Tarantino resta uno dei registi più importanti e influenti del nostro tempo. Con "C'era una volta a Hollywood" il campione del post-moderno e il cinefilo incallito che sono in lui cercano una possibile sintesi del proprio linguaggio, eliminando la cornice western dei suoi ultimi lavori e recuperando una sorta di dimensione fiabesca e mitologica che ovviamente apparteneva a Sergio Leone, doppiamente omaggiato nel titolo per il riferimento ai suoi due capolavori che iniziano con la formula del "C'era una volta". Il nuovo film è una scommessa ardita e in buona parte riuscita, perché su una durata poderosa di 160 minuti si libera ancor più delle opere precedenti delle costrizioni della trama, tentando di costruire un affresco disilluso dove contano essenzialmente alcuni momenti privilegiati e rivelatori della sua visione, dove insomma lo stile sopravanza la sostanza secondo una lezione che guarda contemporaneamente ai maestri del B-movie e all'avanguardia della Nouvelle Vague, ovviamente totalmente aggiornata e riformulata secondo i suoi personali canoni. La parte del film che ci racconta le disavventure professionali di Di Caprio è sicuramente molto dilatata, ma costituisce il vero corpus narrativo della pellicola e non manca di una buona presa sullo spettatore, con alcune scene che rappresentano dei pezzi di bravura, soprattutto quelle del film nel film dove Di Caprio ha l'occasione di mostrare ancora una volta il suo talento e la sua estrema versatilità di interprete, che già aveva dato buoni frutti con Quentin in "Django unchained". Brad Pitt per buona parte del film si limita a fare da spalla a Di Caprio, ma poi torna al centro della scena nella lunga digressione sulla comunità hippy, un pezzo di cinema a suo modo esilarante ed inquietante, una sequenza volutamente dissonante nell'economia narrativa del film dove il regista non perde la bussola per un solo istante, una discesa nell'incubo surreale che si può mettere certamente all'attivo dell'opera. Un po' troppo frettolosa invece la parte che ci descrive Sharon Tate, di cui alla fine il film dice molto poco oltre a tributarle un omaggio sincero, che a mio parere poteva essere meglio approfondita anche se ci conduce a un finale che naturalmente non rivelo ma di cui si può apprezzare l'originale registro da "Storia Alternativa" che già faceva capolino in "Bastardi senza gloria", opera che ritengo comunque superiore a questa. Lussuosi i contributi tecnici, fra cui da citare almeno la fotografia al solito inventiva di Robert Richardson; per essere un'opera dal budget di almeno 90 milioni di dollari, Tarantino ne esce a mio parere con un risultato onorevole.

voto 8/10   

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