Regia di Claudio Giovannesi vedi scheda film
Romanzo di formazione criminale di un gruppo di adolescenti, non c'è Gomorra, ma solo uno sguardo lucido e chiaro sulla scelta di questi ragazzi.
Dalle pagine di Roberto Saviano al cinema il passo è breve, ma se "Gomorra" di Garrone ci restituiva un immaginario pulp e degradato,(magnificamente descritto) il film di Giovannesi si allontana da alcuni cliché.
Non vi è neanche un intento sociologico o antropologico legato ai rituali d'iniziazione del crimine, seppur la storia narrata ci riporta a quei contesti.La narrazione filmica vuole portarci invece nei meccanismi che portano un adolescente ad essere sedotto dalle sirene del crimine.L' ambientazione nel ventre della Napoli storica, poteva fuorviare addentranto la trama nella retorica da "crime-story" con tutti i crismi del caso.Il crimine è altresi presente ma solo come "mezzo" e mai come "fine".
Contrariamente a quando si è scritto all'uscita del film, la città di Napoli non è l'inferno del crimine, ma solo il sottotesto o l'incubatrice di una scelta "formativa".
Nicola, Lollipop, Biscottino o "U russ" sono adolescenti uguali a quelli di ogni altra latitudine, ognuno coi propri desideri o problemi, che intraprendono la strada criminale per desiderio di emulazione o per accedere a ricchezze materiali, figlie di una generazione "Social".Siamo di fronte a dei personaggi quasi "macchiavellici" nel loro entusiasmo giovanile.
La prima parte del film è quella che mostra questo spaccato e che ho preferito di più, la camera di Giovannesi non perde di vista neppure per un attimo questi ragazzi.Gli avvicina quasi accarezzandoli, restituendoci gli echi dei quartieri popolari di Napoli, che come detto prima fungono da "scenografia". Ammaliati dal materialismo e i soldi facili, i "Paranzini" non hanno Cristiano Ronaldo come idolo, ma i decaduti gerarchi della camorra, quindi il loro desiderio è di arrivare in cima al più presto possibile per poi magari bruciarsi.
A differenza del romanzo di Saviano dove i criminali di rango venivano approfonditi anche nella relazione coi ragazzi, qui fungono quasi da "balie" di questi giovani "sognatori" del crimine.
L' Aniello Arena visto già in "Reality" di Garrone e il veterano Renato Carpentieri, sono gli oligarchi di una vecchia generazione visti con rispetto dai ragazzi, ma anche come strumenti per la scalata al "successo".
Giovannesi sceglie di abbozzare leggermente questi veterani della malavita, per non cadere nella facile retorica dei film sulla Napoli criminale.Una scelta saggia perché delinea le figure di ragazzi che scelgono delle scorciatoie. È bellissimo il passaggio dove il "capo" Nicola porta al San Carlo di Napoli la fidanzatina, come anche l'ingresso in un palazzone barocco appartenente a una famiglia camorrista in disarmo,coi ragazzi stupiti dinanzi agli stucchi e le sculture, un entusiasmo fanciullesco che gli allontana per un momento dalla brutalità del crimine.
Perché i "paranzini" di Giovannesi sono solo giovani appena usciti dall'infanzia che guardano il mondo con l'entusiasmo dei bambini. Le tematiche del crimine fungono dunque da passaporto per la vita "social" che molti adolescenti sognano, ma che i protagonisti del film scelgono per arrivare in cima.Lo sguardo registico non assolve tali scelte, ma le descrive in modo semplice e diretto, badando dritto al sodo.
La seconda parte del film a differenza della prima è più "vertiginosa" , si sofferma di meno sulle sfumature dei personaggi, delineandone più chiaramente il percorso.La strada tracciata dai ragazzi porterà a delle scelte fatali e senza ritorno, dove a differenza del libro di Saviano nel quale i personaggi appaiono duri e senza paura, qui sono più fragili e perciò più famigliari a noi.
Ma ciò non basta a giustificarne le azioni, anche se la figura "materna" della madre di Nicolas lascia perplessi in tal senso, avvallando in tacito silenzio le "gesta" e i guadagni illeciti del figlio.
Tutto però resta sospeso in un limbo sembrano dirci Giovannesi, Saviano e Braucci che hanno coscritto la sceneggiatura , vincendo l'Orso d'Argento a Berlino.
Interessante nella narrazione e schietto nella recitazione dei giovani attori "non professionisti", "La Paranza dei bambini" è un opera non didascalica, che pur nella durezza dei temi che racconta, mantiene intatta una sensibilità di fondo che ogni adolescente porta con sé....
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