Regia di Alejandro Fadel vedi scheda film
71 CANNES FESTIVAL 2018 - UN CERTAIN REGARD
Una scena shock apre questa ultima controversa fatica del regista argentino, apprezzato nel 2012 per Los salvajes, Alejandro Fadel. Un gregge procede smarrito tra le valli brulle e recentemente innevate sulle Ande. Alcune di esse hanno il muso cosparso di sangue, ma non sembrano ferite: poco dopo una donna con gli occhi sbarrati, poco distante dalle bestie, mostra una profonda ferita alla gola, che si apre facendole ricadere indietro testa e collo, mentre questa cerca invano ed istintivamente di riassestarsela per bloccare l'emorragia. Morirà dissanguato, anzi peggio.
I sospetti cadono sul vecchio parente della donna, che viene trovata decapitata, ma poi una nuova vittima, sempre donna, rende primo indiziato un uomo, marito della prima ed amante della seconda. Portato in manicomio, l'uomo vaneggia della presenza di un essere mostruoso che semina vittime per necessità di uccidere. Nessuno gli crede, tranne un poliziotto coscienzioso che si imbarca a sue spese in una indagine piena di mistero, orrore, raccapriccio. Inutile cercare razionalità e spiegazioni definitive: il mostro c'è, o almeno cosi ci viene fatto credere. Fadel ci incastra in un horror barocco forte di scenografie assai suggestive, sovrapposte a panorami inconsueti e selvaggi di una purezza commovente. E proprio la commistione tra questa purezza e la corruzione volgare di un mostro che pare contenere dentro e sopra di sé organi maschili (sulla punta con glande sulla coda) e femminili (una vagina dentata al posto delle fauci), diventa lo spunto più interessante di un film che si ispira dichiaratamente allo stile di Amat Esclalante e in particolare al suo riuscito La region salvaje (The untamed). Cinema che istiga alla irritazione, al fuggi fuggi generale in sala, allo sdegno, o al contrario incalza i palati forti a trovare una spiegazione che sicuramente nemmeno esiste nella mente dell'autore.
Disprezzato dal pubblico, schifato e deriso, il film ha le carte in regola per divenire un cult barocco e spiazzante, con quel suo finale che vuole mettere tutto in chiaro, almeno a proposito delle fattezze morfologici-fisiche della "cosa", senza peraltro rivelarci alcunché. Per mostrarci tutto ciò, raccontarci senza svelarci, un po' di coraggio in capo al cineasta ci vuole di sicuro, e io lo valuto positivamente.
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