Regia di Jonathan Baker, Josh Baker vedi scheda film
Girovagando in bicicletta, un ragazzino di colore si imbatte, richiamato da una strana esplosione presso un vecchio stabile fatiscente ed abbandonato, in un essere con una strana tuta, decapitato ed inerte, con un'arma misteriosa che giace ai suoi piedi. Incuriosito e non senza paura, il ragazzo si appropria della strana arma e fugge a casa. Quel giorno esce di prigione il suo fratellastro più grande, ed il padre lo accoglie con molte perplessità riguardo al fatto che l'ex galeotto possa trovarsi una strada onesta verso cui disporsi.
La sera stessa, quando l'uomo scopre che il figlio sta cercando di rubare dalla cassaforte del suo datore di lavoro assieme ad una banda di laidi briganti, la situazione finisce per volgere al peggio, anzi in una vera e propria tragedia.
L'ex galeotto si ritroverà in fuga assieme al fratellino adottivo, all'arma che da quel pomeriggio egli porta con sé, testandone i misteriosi poteri, e al bottino trafugato dai suoi balordi ex soci.
I due si accorgeranno di essere inseguiti da questi ultimi, furibondi e animati dalle più violente intenzioni, dalla polizia, giunta poco dopo sul luogo della sanguinosa rapina, ma anche da due misteriosi motociclisti dotati di poteri sovraumani, che intendono riprendersi l'ordigno custodito gelosamente dal ragazzino, che nel frattempo ha iniziato a familiarizzare con la misteriosa arma.
Espandendo un cortometraggio del 2014 incentrato sulla medesima vicenda, intitolato Bag Man, i gemelli registi Jonathan e Josh Baker danno vita ad un thriller un po' ingenuo, ma con buoni momenti di azione, che si mischia man mano con tematiche fantascientifiche un po' vintage (sembra di trovarci nella prima metà degli anni '80 sulla scia del clamoroso successo del primo Terminator, del quale - tra l'altro - il film riprende in parte certe dinamiche temporali.
Bravo e tenero, senza mai risultare mieloso, l'esordiente protagonista Myles Truitt, per l'occasione attorniato da un cast di nomi noti come l'irlandese Jack Reynor, giovane attore visto in molte occasioni, abbonato a ruoli controversi e, proprio di recente, visto tra i protagonisti dell'inquietante "Midsommar - Il villaggio dei dannati", la bella Zoe Kravitz, figlia del celebre Lenny. Ma pure James Franco nel ruolo del cattivo senza redenzione, e il buon Dennis Quaid, impegnato nel ruolo sacrificale del padre adottivo del piccolo protagonista.
Un filmino medio che corre via e si lascia guardare con fluidità, senza riuscire a suscitare alcun vero clamore, ma anche senza mai annoiare, supportato da una serie di effetti speciali vecchio stampo che suscitano quasi tenerezza e rimandano gli spettatori cinquantenni come me, ai tempi della propria nostalgica adolescenza dei primi anni '80.
Epoca certo ormai lontana e inesorabilmente trascorsa, quando lo stupore provato con le rudimentali, ma all'epoca avveniristiche tecniche utilizzate per realizzare gli effetti scenici più eclatanti - raggi e luci fluorescenti e quant'altro - riusciva a darci ben più genuine emozioni di quello che la perfezione raggiunta con le tecniche più attuali, riesce a provocarci oggi, trasformandoci in spettatori sin troppo esigenti ed abituati a dar tutto per scontato.
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