Regia di Mamoru Hosoda vedi scheda film
Il regista Hosoda pesca a piene mani nell'immaginario visivo di Miyazaki: certe scene "ispirate" da "Il mio vicino Totoro" sono al limite del plagio. Il film si lascia guardare, oltre che per i disegni, più per le parti enigmatiche che per quelle eccessivamente spiegate. Voto: 7-.
Il regista Hosoda pesca a piene mani nell'immaginario visivo di Miyazaki: certe scene "ispirate" da "Il mio vicino Totoro" sono al limite del plagio, ad esempio quando Kun entra nel mondo magico seguendo la scia dei biscottini, in analogia a Mei che scova Totoro raccogliendo le ghiande, oppure il rumore di sottofondo degli insetti in giardino che è identico nei due film. Anche il modo con cui Kun scende le scale assomiglia tremendamente a quello di Sosuke in "Ponyo sulla scogliera".
Tuttavia gli esiti (e forse i propositi) sono inevitabilmente molto differenti. In "Mirai" il modo magico irrompe nella vita del bambino a scadenze prestabilite e quasi didattiche, tanto che a lungo andare lo schema diventa prevedibile, molto simile agli apologhi morali tanto cari alla tradizione cristiana. Inoltre, la frattura tra i due mondi è nettissima, nella resa grafica e anche nella percezione del bambino protagonista, mentre il fascino delle opere di Miyazaki sta proprio nella "fluidità" del varco, nella naturalezza con cui la bambina ritiene "ovvio" che Totoro la aiuterà a ritrovare la sorellina smarrita.
Hosoda prova a compensare la minor poesia (se così si può dire) con soluzioni grafiche ad alto impatto, ad esempio, durante il viaggio nel tempo attraverso l'albero di famiglia, oppure quando disegna il volto della mamma-strega in modo davvero terrificante (anche qui c'è il precedente dei genitori-maiali ne "La città incantata").
Insomma, alla fine il film si lascia guardare, oltre che per i disegni, più per le parti enigmatiche che per quelle eccessivamente spiegate.
Voto: 7-.
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