Regia di Burt Kennedy vedi scheda film
Un bandito psicopatico e silenzioso dà fuoco a un minuscolo villaggio di frontiera (l’Hard Times del titolo originale, che in italiano diventa Campo Morto) senza trovare opposizione da parte del sindaco. Poi arrivano un ciarlatano con quattro prostitute, un vagabondo che sa usare la pistola, il gemello dell’ex proprietario dell’emporio che prende il suo posto: così, grazie anche agli operai della vicina miniera, la vita rinasce; e un anno dopo, quando il bandito ritorna, i nostri sono pronti ad accoglierlo. Il riassunto può dare l’impressione di una razionalità che invece non c’è: i personaggi sono mal definiti, a volte agiscono in modo incomprensibile, si riducono a funzioni astratte (da dove salta fuori il bandito? cosa fa tra una scorreria e l’altra? come ha fatto un avvocato a finire in quel posto sperduto? come si guadagna da vivere, senza una clientela? possibile che un pistolero infallibile si adatti a fare il becchino?); le schermaglie sentimentali tra Henry Fonda e Janice Rule (fra i quali, peraltro, corrono 26 anni di differenza), che potevano essere un punto di forza, sono condotte in modo confuso; lo scontro finale (con appendice) è così ridicolo da sembrare una parodia. L’intenzione era quella di raccontare la nascita e lo sviluppo di una piccola comunità di pionieri, ossia di misurarsi ancora una volta con il mito fondante della civiltà americana, ma lo svolgimento è ingenuamente oleografico: il film era già vecchio nel 1967, e lo diventerà ancora più a paragone con certi titoli della New Hollywood (es. L’uomo dai sette capestri o I compari).
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