Regia di James Foley vedi scheda film
Un dramma giudiziario, un ritratto dell'America razzista, penalizzato da qualche interprete poco convincente e da una pigra regia, ma salvato dal solito, grande, Gene Hackman.
Ennesima trasposizione dai legal thriller di Grisham, senz'altro una delle meno riuscite (criticata dallo stesso romanziere - avvocato). Tuttavia non mi sento di associarmi alle diffuse stroncature, perchè il quadro sociale degli USA che emerge dal film mi sembra verosimile e molto interessante, direi anzi che i nostri tempi, caratterizzati da una più diffusa coscienza antirazzista (con tutte le paranoie del politically correct, s'intende), forse aiutano lo spettatore a guardare questo film con un occhio più indulgente. La trama in breve: un anziano razzista del Sud è incarcerato per un attentato che 30 anni prima è costato la vita a due bambini, e ormai è ad un passo dalla esecuzione capitale. Il nipote avvocato non è persuaso della sua colpevolezza, e testardamente vuole scoprire la verità. Se solo il nonno collaborasse con lui... Non aspettatevi il classico thriller d'azione, siamo più nel territorio del dramma giudiziario e umano. Ci sarebbero le premesse per un'opera di tutto rispetto, purtroppo metà del film è sulle gracili spalle di Chris O'Donnell, un interprete di scarso talento e inesperto, che solo molti anni dopo avrebbe trovato la sua dimensione nelle serie tv. Nè è di aiuto la zia tormentata impersonata da Faye Dunaway, un'attrice lei, sì, di talento, ma che ha subito una involuzione abbastanza precoce. Grazie a Dio sull'altro piatto della bilancia c'è un grande Gene Hackman: il suo personaggio è a dir poco sgradevole, ma subisce una trasformazione graduale e credibile, un crescendo che lui sostiene con un'interpretazione calibratissima ed emozionante. La regia è diligente ma senza guizzi. Tutto sommato, merita una visione.
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