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L'ultimo appello

Regia di James Foley vedi scheda film

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giansnow89

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'ultimo appello

di giansnow89
5 stelle

Trasposizione maldestra e dimenticabile. Due stelle e mezzo solo perché il libro ne merita 5 piene.

Qualche parola sull'opera di John Grisham da cui il film è tratto. Si tratta di un libro di fortissimo impatto emotivo, in cui il lettore oscilla fra disgusto e compassione in un quadro generale di perenne sgomento e angoscia. L'autore non cerca in alcun modo di far apparire Sam Cayhall, il condannato a morte, sotto una luce positiva. Ci racconta episodi della sua vita passata, l'uccisione arbitraria e gratuita di un nero, gli attentati in sinagoghe o in case di attivisti per i diritti civili, persino la sua partecipazione ad un linciaggio in età infantile. Sam è un criminale, si discosta molto dallo schema del protagonista tipico di Grisham, innocente o in ogni caso vittima delle circostanze: Sam è colpevole, non dell'assassinio per cui è stato giudicato, ma è colpevole. Ha distrutto la sua famiglia, gettato vergogna su sua figlia, portato al suicidio suo figlio, è un razzista, un violento. Eppure il lettore non può non provare pena per lui man mano che i giorni, le ore, i minuti, i secondi, lo avvicinano vorticosamente alla camera a gas. E' una sensazione strana quella che si percepisce nel libro: da una parte il tempo sembra essere implacabile giudice, dall'altra pare invece non passare mai, prolungare l'agonia di Sam che più volte dichiara di non vedere l'ora che tutto finisca. La permanenza nel braccio della morte, di cui non ci viene taciuto alcun particolare, dalle condizioni pietose delle celle, al cibo, ai secondini, è una pena infinitamente più gravosa della condanna stessa. E il lettore si sente questo fardello tutto sulle spalle. Il finale è di rara intensità e patetismo, tutti escono sconfitti e diversi. E' un libro che ho amato alla follia e che nel contempo mi ha lasciato così male che non ho più letto altro per un mesetto buono. 

 

Quando c'è la trasposizione cinematografica di un libro che si è particolarmente amato, ci sono due possibilità: o il film costituisce un ulteriore piacere per l'anima, andando addirittura a completarsi, a immaschiarsi perfettamente con l'opera da cui è tratto, fornendo nuovi elementi, nuovi spunti; oppure si rivela una grossa delusione come il film in questione. Del libro manca del tutto il senso di frenesia, la sabbia della clessidra che scandisce instancabilmente i secondi. Il Sam cinematografico è un personaggio monocorde e non complesso, tormentato come nel libro, e soprattutto non conosce quella redenzione progressiva che su carta è invece estremamente palpabile; Adam è un ragazzino spaesato; il personaggio della zia Lee è di molto depotenziato; McAllister nel libro è milioni di volte più ipocrita e viscido; il personaggio di Rollie Wedge per tutto il libro è un'entità sospesa, invisibile, una minaccia che aleggia sui familiari di Sam e un segreto insondabile che Sam rivelerà solo in punto di morte, con la promessa che mai venga divulgato. Si può perdonare a un film di modificare alcuni particolari, introdurre personaggi inediti, cancellarne altri? Certamente sì. Ma non gli si può perdonare di appiattire, rendere anonime, svisare situazioni che invece costituivano il cuore del libro, il suo vero significato intrinseco. L'ultimo appello del libro conserva solamente la trama di fondo. Troppo poco. E' un fatto perlomeno singolare che del libro migliore di John Grisham sia stata resa la trasposizione meno riuscita.

 

 

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