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Border - Creature di confine

Regia di Ali Abbasi vedi scheda film

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La recensione su Border - Creature di confine

di maurizio73
7 stelle

Come il precedente tratto da Lindqvist, quest'ultimo film sottolinea le sue riflessioni allegoriche sulle implicazioni sociali che sottendono la vera natura della diversità, intesa come deviazione dai caratteri somatici della normalità quanto quella assai più subdola che ne qualifica una mostruosità etica tanto più pericolosa quanto meno evidente

Ispettrice doganale dal fiuto infallibile, Tina è una donna dall'aspetto ferino che vive con un addestratore di cani perdigiorno in una baita al confine dei boschi. Il suo incontro con un essere deforme simile a lei, le farà scoprire la sua vera natura e le sue reali origini, ma al contempo la renderà testimone di un abbrutimento morale che accomuna i due mondi di cui sente da sempre di far parte.

 

locandina

Border - Creature di confine (2018): locandina

 

Storia di recinti e di cattività, quella dell'omonimo romanzo di John Ajvide John Lindqvist da cui il film è tratto, sembra proseguire il discorso sull'ambiguità sottesa alla natura stessa di creature che si riconoscono diverse eppure uguali, separate da esigenze fisiologiche inconciliabili (il bambino di Lasciami entrare e la sua giovane innamorata succhiasangue) ma accomunate tanto da un trasporto empatico che sfida l'istinto di autoconservazione, quanto dalla brutalità di perversioni morali che demarcano il reale confine del lecito e del tollerabile. Connotato in misura minore dalla deriva fantasy che caratterizzava il film precedente, quest'ultimo soggetto adattato per il grande schermo, sottolinea in modo più evidente le sue riflessioni allegoriche sulle reali implicazioni sociali che sottendono la vera natura della diversità, intesa tanto come deviazione più o meno marcata dai caratteri somatici che definiscono il canone estetico della normalità quanto quella più sottile e subdola che ne qualifica una mostruosità etica tanto più pericolosa quanto meno evidente. Se la variabilità filogenetica che consente ad una coppia (e pochi altri esemplari) di neanderthaliani di sopravivere fino ai giorni nostri è solo il plausibile relitto di un passato di convivenza tra specie diverse del genere Homo e più ancora la manifestazione di una duttilità genomica che ha segnato il prevalere casuale di alcuni caratteri su molti altri, il vero traguardo della specie Sapiens sembra essere invece quel tratto distintivo che si chiama umanità; ovvero la capacità di rispetto ed empatia verso gli altri uomini e, in un'accezione più universale, verso tutte le creature viventi, compreso l'altro da sè che potrebbe essere il cugino sfortunato a cui far recidere chirurgicamente un atavismo caudale ancora nella culla od i cui esemplari sottoporre a crudeli esperimenti biologici nel segreto di oscuri laboratori scientifici, salvo adottarne i cuccioli per le proprie esigenze affettive e familiari. Il confine in cui vive la protagonista è quindi molteplice e diversificato, reale e allegorico allo stesso tempo: è una guardia di frontiera dai tratti ferini, dotata di un fiuto infallibile perfino per le esalazioni feromoniche della paura e della vergogna ma anche l'accomodante compagna di un cinofilo inetto con cui divide una baita isolata sul limitare dei boschi, la figlia amorevole di un padre adottivo con molti scheletri nell'armadio e la vicina cordiale di una civilissima coppia di vicini sensibili, la tollerante destinataria dell'inveterata intolleranza della specie umana ma anche la inflessibile fustagatrice delle sue inaccettabili perversioni, la passionale amante di un partner brutale con cui condividere una complementare intersessualità ma anche la integerrima delatrice delle sue malefatte; un essere speciale cioè le cui imperfezioni ed i cui adattamenti (a metà tra la natura bestiale della sua fisiologia e quella morale della sua umanità) hanno reso un essere perfetto e superiore, in grado di fustigare le malefatte degli uomini ma che non esita a tradire i propri simili, reietti e perseguitati dall'alba dei tempi (come Troll), se a loro volta responsabili di odiosi crimini contro natura. Sviluppato come una fiaba drammatica sospesa tra il realismo delle allegorie sociali (il regista è un cittadino svedese di origini iraniane che ha dichiarato di essere stato ispirato da una indiretta esperienza di discriminazione e di intolleranza) ed i richiami favolistici alla mitologia norrena, tra l'apologo morale sulla diversità e la parabola naturale sulla meravigliosa variabilità della vita, si chiude significativamente nel segno della contraddizione con la scoperta di una maternità quale dono insperato dell'inganno e della violenza che si puo' perpetrare sulla purezza e l'innocenza dell'infanzia. Contributi tencnici di valore, tra cui bella fotografia del sodale Carlsen e soprattutto il trucco e l'acconciatura (con relativa canditatura agli Oscar 2019) in grado di trasformare gli aitanti Eva Melander ed Eero Milonoff in due mostruose creature dei boschi. Un Certain Regard al Festival di Cannes 2018 ed una pletora di altri premi in giro per il mondo.

 

...mia davvero ah fosse vero
ma chi son io uno scimmione...
uno scimmione uno scimmione senza ragione
tu fuggiresti, tu fuggiresti...

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