Regia di Lukas Dhont vedi scheda film
Ancora una volta il cinema del nord Europa, targato stavolta Paesi Bassi, si conferma tra i più competenti su tematiche etiche e sociali. Girl non è un film facile, per niente. Innanzitutto perché non risparmia quasi nulla dal punto di vista visivo e il quasi riguarda comunque aspetti superflui nel bilancio complessivo dell'opera. Ma è soprattutto il taglio registico a fare la differenza, non cercando empatia, simpatia o facile coinvolgimento emotivo. Lo spettatore non è accompagnato verso una tesi, ma lasciato sempre nel suo ruolo di soggetto terzo. Il/la protagonista, non esistendo in italiano il genere neutro, non risulta necessariamente vittima, né monopolizza la benevolenza di chi guarda. Sì perché molti dei suoi atteggiamenti, molte delle sue scelte, sono al contrario criticabili e la pongono in cattiva luce rispetto, ad esempio, alla figura veramente idealtipica del padre. Victor/Lara risulta spesso antipatico, irriconoscente, ingiusto verso un ambiente che fa di tutto per accoglierlo e accompagnarlo in un futuro così tanto agognato. Perché la vita è proprio così. Non esistono santini, non esistono i giusti e i buoni senza se e senza ma. Esistono persone complesse e i loro desideri, che meritano sempre la massima considerazione e vanno tutelati senza nutrire ipocrisie e caduchi pietismi. Victor sbaglia nell'inseguire anche l'impossibile, mettendo a repentaglio lo sforzo collettivo che lo supporta, ma Lara ha ragione nel cercare ostinatamente il posto che merita nella società dove vive, piuttosto che rimanere confinata in un corpo che la soffocherebbe fino alla morte.
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