Regia di Lukas Dhont vedi scheda film
Lara (Polster) è una quindicenne belga transgender con ambizioni da ballerina. Vive con un padre comprensivo, pacato e amorevole (Worthalter) e un fratellino. Nata maschio, scalpita dalla voglia di diventare femmina il prima possibile per uscire dalla gabbia di quel corpo indesiderato che le impedisce movimenti idonei alla danza.
Il 27enne regista fiammingo Lukas Dhont sfodera un'opera piena di grazia, sul solco di film sullo stesso tema come La mia vita in rosa, Boys Don't Cry, XXY e The Danish Girl, affidandosi alla prodigiosa interpretazione dell'androgino Victor Polster, premiato a Cannes per la migliore interpretazione. Il suo è un racconto di formazione interamente giocato sui chiaroscuri dell'espressività della protagonista che danno forma ai suoi palpiti, accentuati da un paio di scene madri (la seconda, in sottofinale, piuttosto azzardata) nelle quali il disagio di Lara è esasperato dall'imbarazzo del suo corpo. Un corpo che - al pari dei connazionali fratelli Dardenne - Dhont segue con la macchina a spalla in ripetute scene dove la etoile in erba si sfianca per essere alla pari delle sue amiche, con le quali condivide penosamente lo spogliatoio. E se proprio la curiosità invadente e morbosa delle altre ballerine fa da sponda alla smania di Lara di andare oltre le cure ormonali per affrettare l'operazione chirurgica, prestandosi a una delle scene più riuscite di un film dalle atmosfere complessivamente trattenute, ciò che convince meno è il clima forse eccessivamente accogliente e pacificato dell'intero film, nel quale l'unico, vero conflitto, è quello di Lara con il corpo del quale è prigioniera.
Queer Palm, Caméra d'or quale miglior opera prima e Premio Fipresci nella sezione Un Certain Regard al festival Cannes.
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