Regia di A.B. Shawky vedi scheda film
71 CANNES FESTIVAL 2018 - CONCORSO
"Yomeddine" come "giorno del giudizio", o quantomeno giorno epocale, svolta nella vita di due esseri umani reietti per condizione fisica e di famiglia.
Beshay è un uomo a cui il corpo, nodoso come tronchi aggrovigliati, deforme, devastato dalla lebbra contratta da bambino, ed ora fortunatamente scomparsa, non consente di attribuire un'età nemmeno vaga. Obama è un orfano che in costui ha trovato la figura paterna invano da sempre solo immaginata a grandi linee e frutto di fervida, infantile immaginazione.
Relegati l'uno nel lebbrosario, l'altro all'orfanotrofio, i due si danno alla fuga alla morte della moglie di Beshay, pure lei ricoverata da tempo nella vicina clinica psichiatrica.
In due, con un mulo generoso e un carretto marcio, partono diretti verso quel Nilo che non hanno mai visto, alla ricerca ognuno di qualcosa di simile alle proprie immaginate origini.
Perché, come sostiene Beshay, tutti hanno o devono avere una famiglia. Saranno vittime di sventure ed imprevisti, ma saranno anche beneficiari da incontri che, prima o dopo, si riveleranno positivamente risolutivi.
Favola che attinge dalla vita vera, Yomeddine costituisce l'esordio nel lungometraggio del regista A.B. Shawky, classe '85, che - senza tradire lo schema elementare ma lucido e realista tipico di molta cinematografia africana, e potendosi permettere ancora, come poche altre cinematografie di paesi in via di sviluppo ancora afflitti da fame, malattie e carestie, di perdersi in un tipo di cinema neorealista che ci ha abbandonato dagli anni '50 con l'avvento del boom economico che in Africa stenta ad attecchire per svariate ragioni - ci narra un racconto classico che sfiora l'epica del viaggio, della presa di coscienza e della maturazione; dimostrandoci con un certo orgoglio che quasi sempre la dignità è un valore che fa parte ed attecchisce dallo strato sociale più basso ed umile.
I due attori protagonisti, tutt'altro che professionisti, fanno molto al film, ma poco per discostarsi dalla realtà che li circonda, soprattutto l'adulto, devastato per davvero da una piaga per noi inconcepibile e localizzabile ai tempi di Cristo o, al più tardi, nel lontano Medioevo, come la lebbra, ma epidemia ancora mortale in territori come in molta parte del continente africano, ove la mortalità infantile è ancora statisticamente quasi ai livelli di oltre un millennio orsono in Europa.
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