Regia di Nadine Labaki vedi scheda film
"Se non ritornerete come bambini, non entrerete mai" (Matteo, 18)
Parto dalla mezza stellina che ho lasciato spenta delle cinque da poter accendere: corrisponde alla spina nel cuore, il dolore quasi insopportabile che lascia quel fermo immagine finale, il sorriso, il primo sorriso di tutto il film lasciato andare in scena dal piccolo Zain. Sarebbe servita una stellina e mezzo solo per valutare quel preciso fotogramma, ma dato che sopra le cinque stelline non si può andare, allora è più giusto procedere per sottrazione: a volte il valore di un numero (o di una stella) lo si esprime meglio auto-negandosi la visuale e la stima (e il valore) delle cifre e delle luci inutili che ci stanno intorno.
Come inutili e un po’ vigliacche sono tutte le considerazioni che ho letto e che vogliono dipingere “ricattatorio” questo film: di che ricatto stiamo parlando? Quelle sono storie vere. La verità è ricattatoria? Non è più ricattatoria la massa grassa che ci penzola di sotto il cuore mentre spolveriamo, ben pasciuti, le briciole di pop corn rimasteci sull’addome mentre ci alziamo r(il)uttanti dalla poltrona dopo i titoli di coda?
E allora: caccia al colpevole. Trovatona: gli adulti! Zain è piccolo, gli adulti sono grandi, ecco fatto. Bravi. Pinocchio non ci ha insegnato niente. E nemmeno Gesù, che di Pinocchio è parente stretto e che a Cafarnao era di casa. Gli adulti sarebbero i cattivi, e i bambini le vittime. Bravi. Col cavolo.
Io non ho trovato nessun adulto colpevole in questo film, neppure Aspro (bello il termine che lo definirebbe: “trafficante di uomini”!), men che meno i genitori di Zain, onesti e pieni di lacrime, o il cognato che prende in sposa l’amata sorella di Zain (perché non è cattiva l’ignoranza: è ignoranza e basta), né l’avvocato che sarà pure la stessa Labaki in persona anch’essa sistemata col culo nel burro (la Labaki, non l’avvocato), figurarsi il “giovane” e buffo Uomo Scarafaggio che, come Lucignolo, procede inconsapevole verso le sue nuove orecchie d’asino fumando tranquillamente come se niente fosse, come se niente sia.
Volendo trovare un adulto in questo film al quale muovere una qualche critica, costui sarebbe il giudice del tribunale, quello serio e compassato, quello che non si sa come e non si sa a che titolo vorrebbe sentenziare, quello che tanto somiglia a coloro che considerano ricattatorio questo film e che, forse per pararsi il culo, lo giudicano male, e sbattono tutti in galera, così, tanto per essere sicuri di non sbagliarsi.
E se proprio mi tocca uscire dal transfer (che spero momentaneo) del perfetto esegeta del Vangelo secondo Collodi, allora vi invito a riconoscere come “Capernaum”, per come è girato, per come è magicamente interpretato (specie da Pinocchio), come tutta la pazienza che ci deve essere voluta a inquadrare a mano libera stando addosso a tutti quegli innocenti senza sorriso, quelle strade malsane, quei cessi, quella puzza di miseria, quella vergognosa ingiustizia che ammorba ormai anche le nostre menti, o soltanto come lo sforzo stesso di “non giudicare” dell’autrice innestato in ogni fotogramma, in tutti fino all’ultimo (quello del sorriso), come questo “Capernaum” debba essere considerato un film mozzafiato, esemplare, davanti al quale togliersi il cappello in silenzio. E magari, con calma, togliersi anche quella spina dal cuore, senza più peccati o sensi di colpa (campacavallo... prima gli italiani, nevvero?)
Il mio voto è: undici su dieci. Le stelline, così come ogni uomo (adulto o bambino che sia), mentono.
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