Regia di Nadine Labaki vedi scheda film
In una Beirut completamente degradata, ridotta a una kasbah piena di macerie, il tredicenne Zain (Alrafeea) fa causa ai suoi genitori per averlo messo al mondo, dopo che questi hanno venduto la figlia undicenne a un uomo che, dopo averla ingravidata, le ha procurato la morte. Assistiamo così a una impacciata ricostruzione in flashback in cui seguiamo il ragazzino per le strade cittadine, mentre si arrabatta tra vendita di cianfrusaglie, lavoretti per sbarcare il lunario e il babysitteraggio di un bambino etiope che cammina appena: un compito che gli viene offerto dalla madre di questo in cambio di un rifugio.
Il film di Nadine Labaki - già regista del mediocre Caramel - è un polpettone che cerca, senza mai trovarla, la lacrima dello spettatore, rovistando nel parossismo di una vita impossibile, per descrivere la quale è insufficiente persino la parola povertà. Eppure, la regista non riesce mai a creare empatia neppure col protagonista, tanto è manifestamente programmatico e ricattatorio l'intento di commuovere. Insignito del premio del pubblico al festival di Cannes, Cafarnao è il classico film per palati senza alcuna pretesa, contenti di ingozzarsi per due ore di badilate di retorica sottolineate da una musica per archi onnipresente e inopportuna. Scomodare per il confronto film come The Millionaire o Lion è da T.S.O. urgente.
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