Trama
Zain, un dodicenne, si ribella contro la vita che gli è stata imposta e avvia una causa legale contro i suoi genitori per averlo messo al mondo. Sta così reclamando dignità per se stesso e per tutti coloro che sono stati privati dei diritti più elementari.
Approfondimento
CAFARNAO: I DIRITTI DELL'INFANZIA NEGATA
Diretto da Nadine Labaki e sceneggiato dalla stessa con Jihad Hojeily e Michelle Kesrouani, Cafarnao racconta la storia di Zain, un bambino di dodici anni che porta i genitori davanti a un giudice. Il motivo? Gli hanno dato la vita ma non sono in grado di garantirgli dignità e amore.
Con la direzione della fotografia di Christopher Aoun, le scenografie di Hussein Baydoun, i costumi di Zeina Saab De Melero e le musiche originali di Khaled Mouzanar, Cafarnao viene così raccontato dalla regista in occasione della partecipazione del film in concorso al Festival di Cannes 2018: "Il titolo del film si è imposto da solo. Quando ho iniziato a pensare a questo film, mio marito Khaled (Mouzanar, compositore e produttore) mi ha suggerito di scrivere tutti i temi di cui volevo parlare e tutte le mie ossessioni del momento in una lavagna nel mezzo del nostro salotto. Si tratta del metodo che uso ogni volta che vogliono analizzare le idee che desidero sviluppare. Guardando diverse volte ciò che avevo scritto, ho detto a Khaled: tutti questi argomenti formano un vero "cafarnao".
Ed ecco cosa sarebbe stato il film: un cafarnao. Poiché sento sempre il bisogno di mettere in discussione il sistema prestabilito e le sue contraddizioni immaginando contesti alternativi, i primi argomenti che mi sono venuti in mente sono stati: immigrati clandestini, bambini maltrattati, operai immigrati, la nozione di confine e la sua assurdità, il fatto che abbiamo bisogno di un pezzo di carta per dimostrare la nostra esistenza, il razzismo, la paura dell'altro, l'indifferenza per la convenzione dei diritti del bambino...
Da questo flusso di pensieri sono arrivata a un tema centrale: l'infanzia maltrattata. La decisione è venuta casualmente dopo un episodio accaduto nel periodo in cui stavo mettendo in ordine i miei pensieri: tornando a casa intorno all'una da una festa, ero ferma a un semaforo e, appena sotto al mio finestrino, ho visto un bambino mezzo addormentato tra le braccia della madre, seduta sull'asfalto che chiedeva l'elemosina. Ciò che mi ha impressionata è stato il fatto che questo bimbo di due anni all'incirca non piangesse: sembrava non volere altro che dormire. L'immagine dei suoi occhi che si chiudevano non mi ha più abbandonata: quando sono rientrata a casa, sapevo che dovevo farci qualcosa. Ho allora disegnato la faccia di un bambino che urla in faccia agli adulti, come se li incolpasse di averlo portato in un mondo che lo ha privato di tutti i suoi diritti.
Da lì in poi, la storia di Cafarnao ha cominciato a prendere definitivamente forma, assumendo l'infanzia come punto di partenza perché, come si sa, è in tale fase di vita che si plasma il resto delle nostre esistenze. In definitiva, Cafarnao racconta l'odissea del dodicenne Zain, che decide di citare in giudizio i genitori per averlo portato al mondo, in un mondo in cui non riescono a crescerlo come si deve e non sono nemmeno capaci di dargli amore. La lotta di questo ragazzino maltrattato, i cui genitori non sono all'altezza del loro compito, è la metafora dell'urlo di tutti coloro che sono trascurati dal nostro sistema. Si tratta quindi di j'accuse universale visto attraverso gli occhi candidi di un bambino.
Per me, il cinema è un mezzo per porsi domande su se stessi e sul sistema in atto, presentando il mio punto di vista sul mondo in cui vivo. Sono un'idealista: credo che il compito del cinema sia quello, se non di cambiare il mondo, di creare discussione e aiutare la gente a pensare, ad aprire gli occhi. Citando i genitori, Zain dà avvio al suo percorso iniziatico di ragazzino senza documenti. Non possedendo pezzi di carta che certifichino chi è, legalmente è come se non esistesse. Il suo caso è sintomatico di un problema più grande che è inerente alla legittimazione dell'individuo. Attraverso le ricerche fatte per il film, mi sono imbattuta in molti casi di bambini nati senza documenti per varie ragioni (spesso perché i genitori non potevano permettersi di registrare le loro nascite) e finiti con il divenire invisibili agli occhi della legge e della società. Dal momento che sono senza documenti, molti finiscono per morire, spesso per negligenza, malnutrizione o semplicemente perché non hanno accesso ai trattamenti sanitari. Muoiono senza che nessuno si sia accorto di loro dato che non esistono. Dicono tutti che non sono felici di essere nati.
Per certi versi, Cafarnao potrebbe essere un documentario: sebbene sia frutto di fantasia, parla di circostanze ed eventi che ho testimoniato in prima persona visitando le zone più povere di Beirut, i centri di detenzione, le prigioni minorili e i centri di accoglienza. Ha per protagonisti attori non professionisti, gente presa per la strada a cui certe situazioni sono occorse veramente e che ha vissuto sulla propria pelle il dolore che è chiamata a rappresentare sullo schermo. La storia, però, non è solo libanese: è la storia di chi non ha accesso ai diritti più elementari, dall'educazione alla salute all'amore".
Il cast
A dirigere Cafarnao è Nadine Labaki, regista e attrice libanese. Nata in Libano nel 1974 e cresciuta nel Paese durante gli anni della guerra civile, si è laureata in Audiovisual Studies nel 1997 alla Saint-Joseph University di Beirut prima di iniziare la sua carriera di regista di video musicali e pubblicità,… Vedi tutto
Trailer
Scrivi un commento breve (max 350 battute)
Attenzione se vuoi puoi scrivere una recensione vera e propria.
- Premio della giuria al Festival di Cannes 2018
Commenti (7) vedi tutti
"Se non ritornerete come bambini, non entrerete mai" (Matteo, 18)
leggi la recensione completa di leporellola Labaki ci racconta l'inferno dei bambini e dei migranti in Libano. meriterebbe un premio solo per il coraggio. poi si può discutere su alcune sue scelte, come quella di mettere nella bocca del protagonista adolescente improbabili frasi ad effetto, che rischiano di mandare in frantumi un racconto così "vero", accurato e soprattutto doveroso.
commento di giovenostaForse per colpa di un doppiaggio non all'altezza, né per registro né per esecuzione, resta in bocca il retrogusto arido del reportage giornalistico più che la commozione per una fiction ben fatta. Avrei inserito a valle dei titoli di coda: «Nessun bambino è stato maltrattato durante la produzione di questo film». Da vedere comunque.
leggi la recensione completa di andenkoStraziante (e un po’ noiosa) storia libanese
leggi la recensione completa di siro17Capharnaüm è l’antica città della Galilea, da cui iniziò la predicazione di Gesù. Nei millenni il suo nome ha acquisito il significato di confuso bazar, senza regole, in cui tutto è acquistabile.
leggi la recensione completa di laulillaUna storia tristemente verosimile che però, fatto salvo il merito di portare all'attenzione dei più le condizioni esistenziali terribili comuni a troppi dimenticati, non sa far nulla di meglio che procedere come un accumulo sterile di sventure destinate ad approdare ad un epilogo banalmente consolatorio.
leggi la recensione completa di pazuzuUn film intenso, utile, sociale, nitido, cristallino. Un cast d'eccezione fa già il 90 per cento della riuscita di un film. Ecco qui i bambini Yonas e Zain sono eccellenti. Hanno l'intensità di Mastroianni con 60 anni in meno. Hanno i capelli arruffati di Antoine Doinel in 400 colpi. Hanno la magia negli occhi.
leggi la recensione completa di gaiart