Regia di Charles Chaplin vedi scheda film
Un vagabondo si trova suo malgrado a lavorare per un circo, grazie alla sua naturale vis comica ed all’ispirazione per Myrna, la figlia del proprietario del circo. Quando lei si invaghisce di un altro, però, la mancanza di una musa rende tutto più difficile per il protagonista…
Ad un Chaplin in forma smagliante sul piano della recitazione, in una delle più memorabili prove in carriera, fa da contraltare una scrittura un po’ piatta, con un finale arrangiato. Il tema del circo e della sua natura ludica ed affascinante è inscenata da Chaplin in maniera magistrale, basandosi su gag a ripetizione che prendono spunto da una prospettiva inusuale per la sua cinematografia. Tra Charlot che diverte ed il pubblico cinematografico che apprezza, binomio usuale e consolidato in carriera, ne “Il circo” Chaplin introduce una variabile geniale, che fa saltare gli equilibri: inserisce un pubblico, quello circense, che è il terzo vertice di un rapporto a due che diviene triangolo, tutto incentrato sulla dicotomia tra realtà e finzione. La variabile “realtà”, rappresentata dal protagonista (involontariamente comico), è interpretata dal pubblico circense come finzione: solo il pubblico cinematografico sa che invece quello che agisce al centro della pista non è il più bravo dei clown, bensì una sfortunata macchietta inconsapevole. Anche tutta la sequenza dell’equilibrismo con l’elastico va in questa direzione: lo spettatore che vede il film sa, quello circense no: una sorta di patto di sangue instaurato da Chaplin con lo spettatore (cinematografico, ovviamente). È come se l’autore britannico ci dicesse che la realtà a volte supera la fantasia, ed affermi quanto il quotidiano sia più potente di qualsiasi struttura preconfezionata.
Le musiche, sempre dello stesso Chaplin, stavolta sono meno didascaliche che altrove, risultando inferiori alla media dei suoi film. Nel complesso, ennesimo gioiello da vedere a tutti i costi almeno una volta nella vita.
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