Regia di Yi-chi Lien vedi scheda film
Far East Film Festival 20 - Udine.
Il primo amore è una sensazione sconvolgente che, il più delle volte, non può essere concretizzata, facendo la sua comparsa in un periodo turbolento qual è l'adolescenza, quando i desideri vanno spesso oltre le reali possibilità di concretizzazione. Anche per questo motivo, ogni opportunità che si presenta va afferrata al volo, perché comunque vada, concorre a creare un'esperienza, che potrebbe aprire una porta sul futuro, oltre la quale trovare diramazioni fino a quel momento fuori portata, se non addirittura sconosciute.
Dopo essere stato vessato per anni dai suoi compagni di liceo, l'imbranato Chen Erkan (Kent Tsai) viene improvvisamente contattato dalla ragazza che ai tempi era stato il suo amore irraggiungibile. L'occasione è tutt'altro che casuale, infatti la giovane vorrebbe che lui facesse da padre al figlio che porta in grembo.
Senza fare calcolo alcuno, il ragazzo accetta con felicità, cominciando una nuova vita che gli riserverà incontri destinati a trasformarlo radicalmente. E perché no, magari fino a farlo diventare un vero uomo.
All because of love è un racconto di formazione che non persegue la classica evoluzione lineare da un punto di partenza (bruco) fino a un arrivo (farfalla) in totale sicurezza: con sfrontatezza e un'alta concentrazione di volatilità, tiene la briglia sciolta, passando il testimone da un obiettivo all'altro.
Così, si parte dal bullismo più prepotente per approdare al primo amore, per poi sconfinare nella ricerca delle proprie radici e a una più definita conoscenza di se stessi, che ingloba una più generale nuova consapevolezza. Questo stralunato e discontinuo itinerario è colorato di gag esuberanti ed equivoci fulminanti, con tanto di citazioni cinefile (alcune composizioni sono copiate di sana pianta da indiscussi cult movie) che adornano l'esposizione, garantendo un'allietante - e supplementare - sapore fruttato.
Grazie a queste continue aggiunte e a condimenti esuberanti, i singoli spezzoni trovano il collante per non infrangersi in mille pezzi e garantire allo scenario oasi rinfrescanti con ampio ricorso del non sense, inviate come salvagenti di un movimento altrimenti troppo scapestrato per incontrare la benevolenza di chi guarda.
Comunque sia, il film di Yi-chi Lien sfida la forza di gravità del linguaggio con uno sprovveduto coraggio, mentre formalmente è propositivo solo saltuariamente, perdendo rapidamente la presa ogni qualvolta slitta dal kitsch più estroverso a proiezioni maggiormente agganciate alla realtà.
Atipico e giocoso, abbastanza da non essere annientato sul posto dalle limitazioni che incorpora fin dalla sua stessa identità formativa.
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