Regia di Shuichi Okita vedi scheda film
Film ricco e generoso, specie sotto il profilo della fotografia e dell’inquadratura, la cui (forse eccessiva) buona volontà inciampa a tratti su se stessa e sui propri slanci poetici un po’ banalizzandosi, un po’ esaltandosi, un po’ lasciandosi ambiguamente desiderare: il “Microcosmo” dell’artista, correttamente, non viene mai dipinto come un Eden e men che mai viene presentato come un manicomio, ma tutte quelle zampette di insetti che cinguettano insieme ai vari microcosmi degli uccellini in gabbia (compreso un sontuoso rapace in odor di mummia) unitamente al silenzio cieco dei pesci e ad un paio di fugaci mammiferi miagolanti imploranti umana misericordia ed attenzione, nel giungere allo spettatore di quell’artista soltanto sfiorano il sentire, senza penetrarlo fino in fondo. E dire che “Il Sole” in persona, l’Imperatore del Giappone, nell’impeccabile incipit del film si domandava chi fosse, e a quanti anni, costui...
Non è facile raccontare con un film la storia di persone come Morikazu Kumagai, onore dunque al coraggio del regista. Ma, per come la penso io, un’impresa del genere avrebbe avuto ragione d’essere apprezzata molto di più se affidata alle mani e alla cinepresa di un documentarista, uno (non) a caso come Werner Herzog, nella cui galleria di personaggi Kumagai avrebbe senz’altro brillato ben meglio che in questa “fictionata” circostanza.
Film comunque apprezzabile.
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