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Inuyashiki

Regia di Shinsuke Sato vedi scheda film

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La recensione su Inuyashiki

di supadany
5 stelle

Far East Film Festival 20 – Udine.

Poche cose nella vita possono rivelarsi più fastidiose del passare per inosservati. Chiaro, se le poche persone che ti prestano attenzione ti trattano come una pezza da piedi, un fallito o una palla al piede da cui è impossibile liberarsi, allora può andare anche peggio.

Il più delle volte, è una condizione estrema e irreversibile, ma quando avviene il miracolo e si torna a respirare, le conseguenze possono condurre su proiezioni opposte: verso la felicità più radiosa oppure incontro alla rabbia e alla ricerca di vendetta, magari anche nei riguardi di chi non ha nessuna colpa. 

La vita di Ichiro Inuyashiki (Noritake Kinashi), un uomo in avanti con gli anni, privo di amici e bullizzato anche in famiglia, è tremendamente grigia, definitivamente distrutta quando gli viene comunicato di avere un cancro in fase terminale.

Quando è già cominciato il countdown verso la scritta game over, viene colpito da una misteriosa esplosione, che lo trasforma in un potente cyborg. Mentre Ichiro decide di adoperare il suo dono per salvare vite umane, l’adolescente Hiro Shishigami (Takeru Satoh), anch’esso oggetto del medesimo evento, va nella direzione opposta, al punto di decidere di procedere con l’annientamento di tutta l’umanità.

L’unico in grado di porre freno a questa iniziativa è proprio Ichiro.

 

scena

Inuyashiki (2018): scena

 

Principalmente, Inuyashiki è un film d’azione con caratteristica fantascientifica incorporata, che rispetta parecchie linee guida appartenenti al filone supereroistico tanto in voga, con particolare riferimento ai capitoli introduttivi.

Difatti, eroe e villain sono presentati partendo da lontano, frutto di condizioni sociali problematiche generate da un sistema – quello del produttivo Giappone - che non ha il tempo necessario per guardarsi dentro. Pertanto, il tenore dell’approccio rimane drammatico, ma senza esagerare, se non nell’accentuazione delle angolazioni più blande e superficiali, mentre la prospettiva è concentrata sul duopolio composto da riscatto e vendetta, nella più classica disposizione del face to face tra il bene e il male.

Da questa sempiterna contrapposizione, prende il largo tutta la caotica e prolissa seconda parte, parossistica nella profusione di devastazione urbana, sulla falsariga di quanto succede in L’uomo d’acciaio, con qualche idea intelligente (ad esempio, il cyborg malvagio uccide anche puntando il dito attraverso il pannello di televisori, personal computer e smartphone) e un’azione bucolica che allunga il brodo oltre il lecito, sgretolando giusto un paio di grattacieli in più.

A questo, va aggiunto un finale di caratura spericolata, mentre un po’ tutto il dispositivo è troppo serioso per funzionare e anche quando l’intonazione possiede propedeutiche caratteristiche moderate, la battuta a effetto non fuoriesce mai.

Difetti formali che sminuiscono e annacquano messaggi (la bellezza di sentirsi utili al prossimo) e moniti (l’abitudine a pensare solo a se stessi) strutturati con discreta adesione al reale, per una pellicola che alla fine non è né carne né pesce, con (parecchio) intrattenimento e (una spruzzata di) contenuto chiamati a sgomitare in acque poco appaganti, con solo qualche occasionale additivo piacevolmente sorprendente.

Fracassone, con alcune ambizioni formative, in buona parte stritolate dalla confezione.     

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