Regia di Rémi Bezançon vedi scheda film
Il regista francese Rémi Bezançon, per il suo sesto lungometraggio, ha mescolato due tinte cinematografiche che normalmente fanno a botte: il giallo ed il rosa. Ma al posto di un arancione pastellato ha ottenuto una tonalità eccitante quanto un incontro imprevedibile, ed appassionante come la pagina di un libro da sfogliare più e più volte.
Una cartellina di plastica rossa, contenente il romanzo del pizzaiolo Henri Pick stava, infatti, in bella vista, sullo scaffale della sala dei manoscritti rifiutati, nella piccola biblioteca di un paesino bretone, in attesa di un lettore che ne cogliesse la bellezza. Quel colore acceso e quella posizione ad altezza di sguardo e vagamente in rilievo conquistarono l'attenzione, addomesticata dal marketing, della bella e bionda editorialista Daphné Despero (Alice Isaaz) costretta, il più delle volte, alla lettura di manufatti di dubbia qualità, nella speranza, spesso negata, di incappare in un capolavoro o in un bestseller da editare. Il contenuto di quella cartella era tuttavia una bomba che, inspiegabilmente, si trovava nel luogo sbagliato tra centinaia di altri libri di nessun pregio e nessuna utilità. L'incontro tra le pagine del libro e l'eccitata editorialista fece chiasso. In poco tempo il libro di Henri Pick divenne una gallina dalle uova d'oro in grado di attrarre le attenzioni dei lettori e quelle del cinico critico letterario Jean-Michel Rouche (Fabrice Luchini). Costui, nell'arena della propria trasmissione televisiva non era riuscito a tacere la propria incredulità davanti alla smodata ammirazione per un'opera prima (e ultima) troppo perfetta per un semplice pizzaiolo di campagna. Semmai si potevano ravvisare gli indizi di una ben giostrata operazione commerciale che puzzava di truffa quanto di mozzarella. Qualche considerazione fuori luogo e la rabbia della vedova e della figlia dello scrittore decretarono la fine della carriera del critico arrogante, sbattuto fuori casa dalla moglie e licenziato in tronco dall'emittente. A Rouche restava il dovere morale di riabilitare la propria immagine assumendosi l'onere di smascherare la ciurmeria. Bastava una gita in Bretagna e muovere qualche ingranaggio per riuscire nell'impresa. Rouche, tuttavia, non aveva tenuto conto dalla caparbia testardaggine di Joséphine (Camille Cottin), figlia del pizzaiolo, restia a considerare come vera la plausibile perplessità del critico.
Dietro alla domanda "Chi è Henri Pick?" Rémi Bezançon ha costruito un piacevole racconto investigativo retto con maestria dal duo Fabrice Luchini/Camille Cottin che ha regalato brio ad un'investigazione letteraria senza omicidi e senza armi contundenti. Senza cadaveri e coltelli da esaminare Rouche ha indagato tra le pagine di Eugenio Onegin, tra gli scaffali di vecchie biblioteche e tra le mura amiche di Henri Pick in cerca di prove che potessero confutare la tesi del ritrovamento miracoloso. Il racconto è frizzante pur mancando gli ingredienti del noir. La verve ironica del duo protagonista e la comicità involontaria di alcune figure (la vedova Pick interpretata da Josiane Stoléru ad esempio), o di certe situazioni paradossali (l'annuncio del divorzio), hanno sopperito alla mancanza della classica tensione generata dagli elementi più truci del giallo. I momenti comici sono dosati, tuttavia, con parsimonia ed intelligenza. La risata sbracata non è contemplata nel copione. Bezançon, in fondo, ha creato un diversivo narrativo per porre l'accento su questioni, apparentemente, più interessanti come il rapporto tra Camille e Jean-Michel che con i loro battibecchi hanno consentito al regista di ironizzare sulla differenza generazionale e sull'abisso culturale e sociale tra periferia e capitale. Il film accenna anche ad un'attrazione sentimentale veicolata dall'amore per la letteratura e per la verità, anche se quest'ultima ha fondamenti ben diversi per i due complici antagonisti. La verità di Camille è l'aver recuperato il sorriso della madre vedova a causa dell'Alzheimer, grazie ad un libro capace di rivitalizzare la memoria (inventata perciò bella) di un padre senza ricordi ma anche pagina bianca da riscrivere. Per Rouche la verità è la supremazia del proprio intelletto su ogni forma di inganno. La risoluzione del crimine lascia spazio al romanzo della vita in cui le persone agiscono secondo i sentimenti anziché i propri interessi. Un'invocazione senza buonismo. Nonostante qualche incertezza nelle basi che hanno dato vita al percorso le pagine del raccconto si sfogliano con piacere lasciando un senso di spensierato desiderio di toccare le pagine di carta ruvida e ingiallita di un vecchio romanzo ormai dimenticato. Chissà... magari di un Puškin anch'esso dimentico negli scaffali delle biblioteche di oggi.
Cinema Teatro Santo Spirito - Ferrara
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