Regia di Zhang LinZi vedi scheda film
In un futuro ove l'aria è divenuta irrespirabile, tanto da rendere obblugatorio l'uso di maschere a gas nei luoghi aperti, la razza umana si sta progressivamente distinguendo, lasciando il posto ad una generazione sempre più evoluta di cosiddetti "transcendent", ovvero replicanti in continua evoluzione: in tre episodi in qualche modo legati, anche da vincoli di "parentela", ci vengono presentati tre esemplari delle prime tre evoluzioni.
Il primo stadio dà vita ad un replicante ancora poco evoluto, sessualmente non definito, destinato a vivere limitatamente 25 anni: li scriviamo nelle vesti di un pilota di auto da corsa abilissimo, ma che prova invidia per il suo amico e concorrente umano il quale, provando un sentimento a lui sconosciuto come la paura, trova il modo di motivarsi di più e di batterlo.
La seconda generazione presenta individui sessualmente definiti ed in grado di riprodursi autonomamente, dotati altresì di un ciclo di vita assai più longevo. Vediamo un pugile che si fa pestare sul ring in cambio di soldi necessari per operare la sorella. Quando, malconcio come e più del solito, lo medica una giovane dottoressa, i due si innamorano e quando lei tenta di rallentargli la decadenza fisica dovuta alle botte ricevute iniettandogli cellule staminali, il replicante in qualche modo si umanizza: dal loro amore nascerà un replicante di terza generazione.
Costui ha ereditato dal padre una malattia degenerativa che si scopre può essere curata solo da trasfusioni da replicanti di terza generazione. Ne trova una, che si rivela sessualmente ermafrodita e con potenzialità di vita perenni. E che rifiuta un codice di identificazione a favore di un nome, rivendicando in qualche modo una identità.
Film cinese d'esordio del regista trentacinquenne Zhang LinZi, raggruppa e condensa nelle sue tre storie tematiche affascinanti che vertono su quesiti esistenziali cruciali come il destino incognito, il desiderio spesso inappagato, la libertà di scelta, spesso negata.
Purtroppo, nonostante la fitta trama, tratta dal romanzo The Mirror Project di Xiao Dun adattato per lo schermo dallo stesso regista, il film risulta carente o troppi vago, irrisolto, proprio dal punto di vista narrativo.
Come se al giovane cineasta interessasse, più che altro, citare capisaldi insuperati della fantascienza come Blade Runner, e pure, puerilmente, Star Wars nella inutile rappresentazione di robottini a due sfere simili a quelli noti dell'ultima trilogia: riferimenti pericolosi ed inutili, laddove conveniva soffermarsi con più cura sulla valida storia suddivisa in tre episodi. Immaturità registica tutto sommato comprensibile, che spinge anche il cineasta ad infarcire la pellicola di musica invadente che svia il racconto, confondendo anziché creare pathos.
Peccato perché le basi, i presupposti e le atmisfere per dar luce ad un interessante film di fantascienza made in China, c'erano tutte.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta