Regia di Gabriele Mainetti vedi scheda film
Durante la seconda guerra mondiale un freak show itinerante viene sorpreso dall'irruzione dei nazisti a Roma. La compagnia si disperde, ma l'uomo peloso, il ragazzo che comanda gli insetti, l'uomo calamita e la ragazza elettrica si ritrovano a proporsi come attrazioni per un grosso circo nazista. A comandare questo circo c'è un furioso gerarca capace di prevedere il futuro.
La seconda regia in lungometraggio di Gabriele Mainetti, a ben sei anni di distanza dal folgorante esordio intitolato Lo chiamavano Jeeg Robot, è un congegno ben architettato che prende le mosse proprio dall'opera prima del regista, spingendo il pedale del gas in direzione ancora più marcata verso la caricatura, verso l'iperbole e se si vuole anche verso il fumettistico. Inequivocabilmente c'è anche un intento più scoperto di raggiungere il mercato internazionale e più nello specifico verso quello statunitense: vanno letti in questo senso la grande mole di effetti speciali e l'intenso lavoro (tutto eccellente, va detto) di postproduzione, il nemmeno troppo velato discorso sull'accettazione delle diversità, l'elemento del nazismo che fa sempre colpo sul pubblico d'oltreoceano e, non ultimo, il lieto fine rassicurante. La coproduzione italo-belga (dietro cui c'è anche la Rai) gode di un budget decisamente alto per il cinema nostrano, e colpisce il coraggio di Mainetti nel ricorrere quasi solamente a interpreti italiani: accanto al tedesco Franz Rogowski nel nucleo centrale del cast compaiono infatti Giorgio Tirabassi, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto (strepitoso), Max Mazzotta, Giancarlo Martini e un irriconoscibile Claudio Santamaria nella parte dell'uomo lupo, pelosissimo e privo di una vera e propria faccia. Due ore e venti di durata sono però un problemino non da poco, per un'opera il cui sviluppo narrativo è davvero rilassato e involuto: la sceneggiatura firmata da Mainetti insieme a Nicola Guaglianone impiega troppe risorse nei dettagli e si dimentica spesso di far proseguire la trama lungo la sua strada; lunghe parti sono composte da scene senz'altro roboanti – bombardamenti, rastrellamenti, numeri circensi, action a profusione, musiche (di Michele Braga e del regista) retoriche il giusto – ma che non spostano la storia di un millimetro. La sensazione a fine visione è che il carosello funzioni, sì, ma non porti da nessuna parte di preciso. Va bene ugualmente, come prodotto di mero intrattenimento; dispiace un minimo per quegli spunti critici che il film però contiene. 6/10.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta