Regia di Gabriele Mainetti vedi scheda film
Freaks Out, prodotto da Goon Films, Lucky Red, GagBusters e Rai Cinema, seconda regia di Gabriele Mainetti dopo Lo chiamavano Jeeg Robot e scritto, come il film precedente, dallo stesso regista insieme a Nicola Guaglianone, autore anche del soggetto, era inizialmente previsto per Dicembre 2020 e, causa pandemia, rimandata a oltranza per essere poi disponibile, dopo la presentazione al Festival di Venezia (dove ha vinto il Leoncino d’Oro), nei cinema a partire dal 28 ottobre distribuito da 01 Distribution.
Prototipo di kolossal italiano, Freak Out - la storia di un gruppo di fenomeni da circo dotati di particolari abilità nell’italia centrale della seconda guerra mondiale durante l’occupazione nazista del paese - é un progetto ambizioso, specie per gli standard nostrani, anche un po' folle nel firmare un fantasy bellico che condensa tutto il suo cinema e le sue aspirazioni, proponendo nella stessa pellicola la guerra e la storia (fantastica) dell’italia durante l’occupazione tedesca, l’Olocausto, gli ebrei e l’antisemitismo, la lotta partigiana (molto sui generis), il mondo del circo, i freaks e i mostri degli horror degli anni‘30, i fumetti e i cinecomics dialogando senza troppi compromessi con i generi più diversi, a volte senza un senso della misura ma anche con estrema generosità.
Mainetti dopo Lo chiamavano Jeeg Robot é chiaramente a suo agio con il tema supereroistico e in questa nuova pellicola assume un ruolo ancora più centrale ed esplicito e a confrontarsi (di nuovo) con il diverso e con l’essere speciali, ma anche con la paura e i problemi del misurarsi con doni così potenti ma anche così stranianti.
Una favola nera che é un calderone ribollente di citazioni e influenze che si riversano ininterrotte nella pellicola, dal capolavoro di Tod Browing del 1932 all’immancabile Tarantino in un paragone (inevitabile) con Bastardi senza gloria, dal Tim Burton di Big Fish fino anche al fumetto (soprattutto) americano, in primis Le avventure della brigata fucilieri di Garth Ennis ma anche supereroistici come Fantastici Quattro e (soprattutto) X-Men ma sono anche ben presenti le influenze italiane, dallo sguardo d’élite di Federico Fellini de La strada a quella più popolana (!?) di Mario Monicelli con L’armata Brancaleone ma anche (seppur in misura minore) il Benigni nazionale con La vita é bella o, insieme a Massimo Troisi, con Non ci resta che piangere per una creatura quasi innaturale per il nostro cinema ma che rimane inequivocabilmente italiana.
Il cinema di Mainetti é un un cinema sovraccarico, talmente ossessionato da non conoscere (forse) mezze misure ma é sempre supportata da una fortissima personalità che alla consapevolezza della narrazione di genere abbina la conoscenza dei gusti contemporanei e del linguaggio dei giovani, per un tributo alla cultura pop che come elemento anacronistico viene sfruttato forse in maniera piaciona (!) ma che riesce comunque a essere coerente, per quanto non sempre definitissimo, con quanto raccontato sullo schermo riuscendo a regalare spesso momenti di assoluto fascino.
Ed é proprioo questo uno dei punti di forza di Freacks Out.
Avvincente e spettacolare ma anche profondamente umano, malinconico e crepuscolare, capace di viaggiare nel fantastico ma anche di catturare il senso di precarietà esistenziale dei suoi protagonisti.
Ma come molto cinema moderno (o post-moderno?) anche il film di Mainetti soffre di un’eccessiva lungaggine che lo porta, nell’ultima mezz’ora, a perdere un pò la bussola in un atto finale che é un’unica, infinita sequenza d’azione, tra (troppi) eventi concitati e (a tratti) confusi, non soltanto narrativamente.
Un gigantismo un po' fine a se stesso che rischia la saturazione facendo malauguratamente cadere l’attenzione dello spettatore
Freaks Out vede nel cast Claudio Santamaria, già protagonista di Lo chiamavano Jeeg Robot in ruolo, tra l’altro, piuttosto simile, la sorprendente Aurora Giovinazzo, l’ormai lanciatissimo Pietro Castellito (figlio di Sergio), Giancarlo Martini, Giorgio Tirabassi, Max Mazzotta e, nel ruolo del villain, l’attore tedesco Franz Rogowski, sorprendente e folle pianista nazista con enormi sogni (visioni) e paure (di essere rifiutato dal mondo) in un incrocio tra il beffardo cinismo alla Mel Brooks e l’istrionismo malinconico di Charlie Chaplin.
Con la Giovinazzo, una rivelazione.
VOTO: 7,5
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