Regia di Orson Welles vedi scheda film
Una lavorazione lunga quarant’anni per l’ultima inedita grande opera maledetta di uno dei maggiori cineasti della Storia del Cinema, che solo oggi ha avuto miracolosamente modo di venire alla luce. Completamente strutturato su uno sperimentalismo arduo e a tratti difficilmente accessibile, questo di Welles è un film profondamente stratificato, frammentato e a-narrativo. Un’opera nella quale rintracciare un sostrato umorale profondamente autobiografico, ma difficilmente contestualizzabile all’interno dell’universo wellesiano, dei suoi codici e dei suoi segni, dei suoi temi e del suo stile. Un patchwork che è delirio di montaggio e a tratti quasi documentario spurio. Alla fine viene onestamente da chiedersi quanto di tutto ciò appartenga a Orson Welles e alla sua diretta volontà artistica. Il lavoro di recupero sul più o meno scarso materiale esistente è davvero lodevole e accurato, ma pare appunto solo un mero recupero al quale si è voluta attribuire la firma dell’autore di “Quarto potere” più per un dovere di memoria che non in virtù delle originali, misteriose e purtroppo irrecuperabili intenzioni primigenie del regista sul progetto.
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