Regia di Orson Welles vedi scheda film
Gli anni settanta secondo Orson Welles, in una pellicola che ne racchiude un’altra, in un’opera dalla lunghissima gestazione, causata dai tagli ai finanziamenti e dalla morte dello stesso Welles. Un film in cui la vecchia generazione di registi, O.W. (dietro la macchina da presa) e un meraviglioso e sardonico John Houston, che interpreta l’altro regista J.J Hannaford, sempre con un bicchiere di whisky e sigaro in mano, si incontra con i giovani protagonisti della New Hollywood, come Peter Bogdanovich, Dennis Hopper e Paul Mazurski.
The Other Side of the Wind è il film nel film, quello che ha girato J.J Hannaford e che viene mostrato a spezzoni, perché ci sono cortocircuiti elettrici e problemi e lo stesso regista lo guarda come di nascosto, in disparte e il film è una sorta di Zabriskie Point, con i due protagonisti quasi sempre nudi, la sublime e scura epidermide di Oja Kodar, in scenari lisergici, fra colori e stilizzazioni geometriche. Oltre questa messinscena psichedelica c’è il continuo susseguirsi di dialoghi, battute, incontri, scambi verbali, in un ritmo filmico sincopato e veloce come la musica jazz che risuona sempre in sottofondo. Welles usa il primo piano per catturare i volti degli attori, facendolo diventare la cifra stilistica del film, il bianco e nero trasfigura i visi e l’angolazione delle luci dona loro ombre tragiche e rughe profonde e scintilli improvvisi nelle iridi degli occhi. Welles cattura, a modo suo, nella costante rielaborazione finzionale di materiale che appare come quello di un documentario, lo spirito di un’epoca, però dal punto di vista di chi non ne è stato partecipe (per età e forse pensiero) ma ci si è, in un modo o nell’altro, ritrovato nel mezzo. A tratti grottesco, irriverente, sofisticato, grezzo, allucinato. Fra castrazioni simboliche e profili di enormi membri in erezione. Sul confine del tempo, oltre di esso. Film perduti e infinite possibilità creative ritrovate.
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