Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film
Nella Roma del 1943,Cesira, decide di ritornare momentaneamente al paese d’origine, in Ciociaria, sottraendo la figlia tredicenne, Rosetta, allo stress ed al pericolo dei bombardamenti. La permanenza tra i contadini fa sperimentare alle due donne i reali stenti della guerra; tra vecchie e nuove conoscenze, le due donne, sul punto di ritornare nella Capitale, vivranno l’onta dello stupro collettivo ad opera degli alleati marocchini.
“La ciociara” non è un film qualsiasi. Non è solo l’Oscar, che esattamente 50 anni fa veniva conferito alla Loren (che ci credeva talmente tanto che nemmeno ci andò ad Hollywood!), ma è soprattutto un ultimo sussulto neorealista a Neorealismo ormai quasi accantonato. È il testamento di De Sica, che gira in uno stile atipico (confezionando il film secondo i gusti degli spettatori a stelle e strisce), seppur tenendo fede alla solita profondità e schiettezza. Ed è la consacrazione della Loren come attrice internazionale tout-court. Ma soprattutto è il manifesto di un’epoca, perché raccoglie attorno a sé il meglio che l’Italia potesse esprimere: dietro alla pellicola c’è il soggetto di Alberto Moravia, la sceneggiatura di Cesare Zavattini, le musiche di Armando Trovajoli e la regia di Vittorio De Sica, mentre in campo, oltre alla Loren, anche uno straordinario Raf Vallone, che buca lo schermo con pochissime pose (ma da segnalare anche la performance del giovane Jean-Paul Belmondo).
Il film ha una densità palpabile e, seppur segnalandosi per l’abisso che intercorre tra la celeberrima scena dello stupro e molte altre situazioni appena abbozzate, nel complesso merita un novero speciale nella storia della cinematografia nostrana. Di rilievo l’accompagnamento di Trovajoli, che traduce appieno la tensione di determinati momenti e l’interpretazione da diva della Loren (premiata anche col Nastro d’Argento e la Palma d’oro).
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