Regia di Kirill Serebrennikov vedi scheda film
Un viaggio nella scena punk/rock underground della Leningrado degli anni 80, condotto con stile visivo originale e brillante: in un bianco e nero nitido, una combinazione riuscita di immagini e musica, con efficaci inserimenti da musical. Tuttavia butta via un parte di questa freschezza con l'eccessiva lunghezza che lo porta a perdere di mordente.
71° FESTIVAL DEL CINEMA DI CANNES (2018)
Leto (cioè Estate) di Kirill Serebrennikov ci trasporta in un teritorio certamente inedito per molti spettatori non russi: la scena punk/rock underground della Leningrado degli anni 80. La figura centrale è quella di Viktor Tsoi, vero musicista scomparso tragicamente in un incidente stradale del 90, che con la sua band Kino raggiunse grande successo in Russia. I numi tutelari a cui si ispirano questi musicisti sono le band e i solisti del rock e del punk anglossassone degli anni 70-80, da Bowie a Iggy Pop ai Sex Pistols a Blondie, di cui vorrebbero replicare le gesta, sebbene si trovino ad operare su una scena molto più modesta, oltre che chiusa e sconosciuta all'estero.
Le difficoltà incontrate dai giovani musicisti per sfondare sulla scena musicale cittadina si assommano a quelle della vita quotidiana nell'ormai morente Unione Sovietica, che per gli artisti signifcava necessariamente confrontarsi con un'occhiuta ed invadente censura, naturalmente sospettosa nei confronti di una musica occidentale consoderata potenziale veicolo espressivo della cultura del "nemico".
Il maggior punto di forza della pellicola di Serebrennikov è uno stile visivo originale ed efficace: in un bianco e nero nitido, una combinazione riuscita di immagini e musica. Oltre alle sessioni di prova ed ai concerti delle band, il regista osa a spingersi oltre il convenzionale, inserendo anche vere e proprie scene da musical, coi passanti o i passeggeri dei mezzi pubblici che di colpo iniziano a cantare sulle note di Iggy Pop o di Lou Reed. Altro elemento di originalità è l'inserimento di disegni animati, in sovraimpressione nelle inquadrature. Tutto ciò riesce ad infondere una piacevole ventata di freschezza e dinamismo stilistico che dà anima e vibrazione alla pellicola.
Tuttavia Serebrennikov butta via un parte di questa freschezza non sapendo lavorare di forbice: il film è eccessivamente lungo e si perde un po' per strada, e la storia che intende raccontare sembra non prendere una forma chiara. Anche la parte romantica, con la bella Natasha, contesa tra l'amore per il marito, il frontman storico della band (Mike), e quello per l'emergente Viktor, di cui la ragazza si invaghisce sempre di più, è troppo tirata per le lunghe e finisce per annoiare.
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