Regia di Kirill Serebrennikov vedi scheda film
71 CANNES FESTIVAL 2018 - CONCORSO
Nell'Urss dei primi anni '80, seguiamo le peripezie del musicista ed autore rock Mike che, influenzato dalla corrente musicale di icone proibite occidentali e da mercato clandestino inevitabilmente dilagante, come David Bowie, Lou Reed e Iggy Pop, incontra l'affascinante Victor e, con l'aiuto della bellissima moglie del primo, costituiscono e danno vita assieme ad una band prolifica ed ispirata dalla vita, dal proibizionismo, dalle vessazioni subite dal regime pre-Perestroika.
Il tutto in un bianco e nero indiavolato e percorso da graffiti o da filmini pseudo amatoriali che staccano col loro colore pregno e sgranato, a dar vita ad un biopic calato sui caratteri, più che su precise identità.
Un bel ritratto nostalgico e affascinante di una gioventù che sceglie la musica come veicolo, se non di protesta, almeno come strumento per farsi sentire, urlare la propria legittima voglia di libertà di espressione, scegliendo e trovando nella musica, il più opportuno e potente mezzo per provare a raggiungere la tanto agognata autonomia di espressione.
Purtroppo il regista Kirill Serebrennikov, quello del polemico ed incalzante "Parola di Dio", non riesce bene a focalizzarsi sui singoli personaggi, rendendo la narrazione un po' confusa e caotica.
Ma i momenti musicali - strepitosi soprattutto quelli con la rivisitazione dei classici di quegli anni assai rock - sopraggiungono pertinenti a salvare queste impasse un po' troppo reiterate lungo tutto l'interessante e ritmato lungometraggio, che ricorda qua e là, come stile e ritmo, una versione russa e più disincantata e poetica, ma non meno incalzante e ritmata, del Trainspotting di Danny Boyle, reso più elegante dalla sopraffina fotografia in bianco e nero e dalle seducenti riprese delle feste clandestine in riva al mare.
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