Regia di Steven Caple Jr. vedi scheda film
Operetta dal fiato corto, a metà tra il remake e il sequel, inesorabilmente affossata da attori non all'altezza, sceneggiatura stile "ctrl+c" - "ctrl+v", musiche pessime, personaggi privi di spessore, psicologie da robot e un'atmosfera generale raffazzonata.
E luce (riflessa) fu.
Come il figlio, del padre, così Creed II, di Rocky IV.
A metà tra il remake e il sequel, visto oggi questo film si fa immediatamente notare per l'impropria commistione tra Russia e Ucraina. Ma sorvoliamo.
Rocky, ai tempi, rappresentava un fenomeno di costume. Oggi questo Creed, semplicemente, non significa niente. Non c'è personalità nei protagonisti e nemmeno nell'opera. Quello che una volta era stato l'orgoglio americano, qui diventa l'orgoglio afroamericano, tra improbabili musiche e siparietti, "drammi" intensi quanto quelli della telenovela piemontese di gialappiana memoria e situazioni che pongono lo spettatore sotto costante sospetto di soffrire di Alzheimer. "Ma questa scena non l'ho già vista?", vi domanderete innumerevoli volte.
Del resto anche i personaggi sembrano confusi... a partire da Rocky, che è prima tipo "sì, vai tra'", poi "che, sei matto?", quindi "ci sto dentro pure io".
Gli unici guizzi durante lo "spettacolo" sono scanditi dall'accenno della colonna sonora classica, che ci rammenta l'importanza delle musiche per accompagnare i momenti più drammatici, e, in generale, in ogni film che abbia delle aspirazioni. Purtroppo, a parte quei pochi secondi, è tutto un susseguirsi di musica (rumore, più che altro) moderna di un genere che non saprei definire esattamente, ma che va di moda tra i ragazzini di colore americani. Questo giusto per far capire quanto il film si appiattisca su stereotipi che, oltretutto, non c'entrano niente con la saga originaria.
Quando sale sul ring il figlio di Apollo e il cronista (con un doppiaggio veramente stridente) dice che è uno che padroneggia la scena, "proprio come il padre", non può non verificarsi un tracollo testicolare. Carl Weathers, in occasione dell'incontro con Drago, ma anche con Rocky, sfoggiava coreografie, improvvisava balletti, parodie, trascinava le folle... questo è uno scappato di casa che si presenta con una mezza felpa con cappuccio e, a parte fare il finto duro, non abbozza nemmeno un movimento. Qui si vede anche la pochezza della sceneggiatura: che senso ha far dire ai commentatori una roba che poi non si fa fare all'attore? Mah.....
La dimensione "intimista" è appiccicata male con la colla su tutto il resto, e i rapporti più che umani sembrano disumani.... madri che mollano i figli mentre combattono... figli che non vedono padri da decenni ma poi li vedono ed è come se nulla fosse... odi improvvisati e ingiustificati.
Notevole anche lo spottone Under Armour (ormai immancabile) da parte dell'ucraino (o russo? Mah!).
Insomma, è proprio difficile pensare che questo film abbia uno scopo e un senso diversi dall'introitare incassi. Perfino la nuova saga di Star Wars, nei suoi parassitismo e schifezza, almeno inventa qualcosa di nuovo pure finendo per fare più remake che sequel... ma qui veramente è tutto disarmante. L'unico modo per salvarlo è far finta che Rocky non esista, immaginarlo come un film a sè stante... e paragonarlo al mucchio di schifezze da streaming che attualmente, ringraziando anche Amazon, Netflix & co., ormai ci circondano. Ecco, in questo modo lo si può considerare un filmetto senza arte nè parte che però si fa guardare, intrattiene un po' e non è insopportabile.
Purtroppo, però, siamo alle solite: spettatori come consumatori di porcherie che campano alle spalle dei film che, ormai è chiaro, sono il prodotto dell'apice della storia del cinema, un'arte ormai fatalmente avviata al declino come del resto la società che l'ha inventata prima e la sta subendo ora.
Sperare che non ci sia un Creed III è vano (e infatti a breve uscirà l'ennesimo sequel).
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