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What the Waters Left Behind

Regia di Luciano Onetti, Nicolás Onetti vedi scheda film

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La recensione su What the Waters Left Behind

di alan smithee
5 stelle

LOS HERMANOS ONETTI:

-Sonno profondo: voto ***1/2

-Francesca: voto ***

-Los Olvidados: voto **1/2

-Abrakadabra: voto ***

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Questa volta gli incontenibili Onetti brothers, nella loro terza avventura cinematografica da registi (e da tante altre mansioni) continuano ad omaggiare l'horror anni '70, ma si spostano, almeno stilisticamente, negli Usa ove nomi come Craven e Hooper fecero la storia, in ambito cinematografico horror. Ambientando la loro storia ai giorni nostri, incentrandosi su una catastrofe naturale occorsa in Argentina a metà anni '80.

L'idea di partenza è davvero interessante, se non geniale: una troupe di ragazzi si improvvisa documentarista in cerca di raccogliere esperienze di vita e notizie da parte degli sventurati che hanno avuto la possibilità di scampare alla tragedia di Epecuén, una località turistica rinomata sino agli anni '80, travolta dalle acque che la invasero a seguito della rottura improvvisa della vicina diga che arginava il lago salato nelle vicinanze.

Tre maschi, tre femmine, un furgone Volkswagen anni '60, ed un viaggio che inizia spensierato, poi si fa serio quando inizia la documentazione ad opera anche di una delle ragazze del gruppo, nata in quei luoghi e scampata per un soffio alla furia della devastazione delle acque; per poi volgere alla tragedia, quando la furia horror si abbatte sugli sventurati con esiti ben più inverosimili, ma non meno devastanti, a danno dei sei protagonisti.

Come in Hooper nell'epocale "Non aprite quella porta", ma con derive narrative cannibalistiche molto vicine anche al gioiello di Craven "Le colline hanno gli occhi", nei pressi dell'ultimo distributore disponibile, i nostri giovani incroceranno ognuno il proprio tragico destino venendo in contatto con una folle famiglia di affamati carnivori, fetidi e mentalmente devastati gestori della pompa di rifornimento e dello scalcinato bar attiguo alla rimessa in quel desolato, ma affascinante luogo del pianeta.

Tutto quello che ne deriverà, è stato ampiamente descritto e dettagliato nei due capisaldi citati, ed in molti altri film emuli, sequels, rifacimenti che ne sono seguiti sino ai nostri giorni.

Gli Onetti si impegnano con l'accanimento che riconosciamo loro da quando li abbiamo di recenti imparati ad apprezzare, sviluppato e concentrato nei confronti del thriller italiano anni '70; ma qui la loro impronta risulta meno fedele alle atmosfere originali dei due capostipiti citati, e pure meno riuscito il lavoro calligrafico di riproduzione, che, a differenza degli altri tre film dedicati al noir italiano, appare qui connotarsi come un ulteriore remake e non la meravigliosa operazione di ricostruzione ed elaborazione delle precise atmosfere, dei luoghi, delle situazioni, riproposte utilizzando una trama originale, magari piena di falle e contraddizioni, ma scritta ed elaborata per l'occasione.

Qui, dopo la prima mezz'ora, una volta iniziata la mattanza, finisce quasi completamente ogni pathos e ci si avvia verso un percorso routinario che nelle altre opere non accadeva mai di incrociare. Mai.

Anche il tentativo di virare alla causa storico-civica, che si manifesta con questo odio e furore della gente locale che - esasperata e colma di ira verso una capitale Bueno Aires che li ha dimenticati, con l'abbandono dimostrato nei confronti della gestione di quella tragedia letteralmente sepolta dalle acque - si ritrova a sfogarsi con quel nuovo, contenuto flusso turistico che timidamente si affaccia su quelle zone ferite e devastate dalla furia di una natura liberatasi da gioghi e vincoli non sufficientemente adeguati. 

Una deviazione narrativa ambiziosa, ma non adeguata a far cambiare il meccanico percorso che la mattanza impone al film, desideroso di rispettare i canoni di genere a cui si immola, paludandolo (termine in fondo piuttosto pertinente, considerate le tragiche circostanze di sottofondo) nel déjà-vu più scontato le sorti del film.

La circostanza che, con Abrakadabra, gli Onetti siano recentemente tornati in zona "italica" anni '70, non può che rallegrarci e trovarci d'accordo con la scelta strategica dei due tenaci e cinefili produttori, registi e quant'altro li veda coinvolti in prima persona nei loro eccentrici lavori.

 
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