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Moschettieri del Re - La penultima missione

Regia di Giovanni Veronesi vedi scheda film

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La recensione su Moschettieri del Re - La penultima missione

di mck
6 stelle

Trente Ans Après, o, Suppergiù, 1650: un Anno Eccezzziunale. “Moschettieri del Re - la PenUltima Missione” (che schifo, che spreco, che bello) non è tortura: è collaudo.

 


Trente Ans Après, o, Suppergiù, 1650: un Anno Eccezzziunale.

Scritto coi piedi (la sceneggiatura - buttata giù dal regista Giovanni Veronesi con Nicola Baldoni alla loro prima collaborazione - è bruttina forte, e si barcamena tra il lasco e lo sciatto, ma è punteggiata però da consapevoli acmi di autentiche genialità ai dialoghi, supportati dall'interagente gran mestiere e sapienziale spirito d'improvvisazione dell'ottimo cast) e girato col culo [un occhio di vetro infilato nello sfintere anale e poi via, si può dire tranquillamente “Motore! Ciak! Azione!”, con il solito abuso di droni (oramai il ruolo di dronista - atrofica involuzione di elicotterista - ha superato quello di tronista nella scala dantesca dei gironi pandemoniali dell'Inferno sulla Terra ch'è la bolgia dannata chiamata Patema Italia), che nel cinema italiano di oggi solo Domenico Iannacone padroneggia con significante e significativa coerenza, formalismi sostanziali e stilemi contenutistici], “Moschettieri del Re - la PenUltima Missione” è la risposta a una domanda mai posta e innecessaria: può “2061: un Anno Eccezionale” di Carlo ed Enrico Vanzina e Diego Abatantuono generare epigoni?    

 


“Ha bucato?” - “No, sto girando un film.”  

Cast principale: PierFrancesco Favino [si potrebbero scrivere volumi sul significato del non-senso dell'accento con periodare di costruzione francese speso per mettere in scena il personaggio (perché è una cosa che sa fare?), m'anch'e pure no, eh], Rocco Papaleo, Valerio Mastandrea, Sergio Rubini, Margherita Buy, Matilde Gioli, Lele Vannoli [suo è il trafitto momento à la Trono di Sangue (Kurosawa-Mifune-Shakespeare) & Notte di San Lorenzo (Taviani-Guerra De Negri)], Alessandro Haber (Cardinale Mazzarino), Giulia Bevilazcqua (Milady), Valeria Solarino (Cicognac), Luis Molteni (Geofrey “Q” Boothroyd) e Antonino Iuorio (l'Oste).
Fotografia del sodale Giovanni Canevari (assurdi – nell'accezione “positiva” - momenti di effetto notte).
È difficile riuscire a destituire di forza un riff come quello celentanesco di "Prisencolinensinainciusol", ma qui Consuelo Catucci (sodale di Paolo Genovese) al montaggio imbrocca in pieno l'anticlimaticità (mentre Paolo Conte scorre senza inciampi sui titoli di coda), manco fossimo in un film di Sorrentino (per contro, vedasi l'ottimo utilizzo uncut sviluppato recentemente in “Fargo - 3”).
Musiche dei Gratis Dinner, collettivo composto da L.Medici (C.Zalone), A.Iammarino e G.Saponari.
Molto belle alcune spadacciate, certi momenti spadacciosi, taluni scontri spadaccini: Maestro d'Armi: Marco Stefanelli.
Mezzo Centro-Sud Italia (la Lucania, con scorci d'Apulia e d'a Lazio) interpreta il Massiccio Centrale, i Pirenei e il Golfo di Biscaglia.     

 


“Non è tortura: è collaudo.”  

Momenti ed elementi per cui vale la pena spendere 100 minuti: Mastandrea che prende a schiaffoni Lele Vannoli (Sergio Muto), e Matilde Olimpia Gioli mobbizzata da Margherita Anna Buy d'Austria.
Momento pre-malinconicamente (in proiezione revival) scult è il climax di quando Solarino, molto brava (come Buy, Gioli, Bevilacqua) e prepotentemente bella (idem), grida primopianata sghemba: “Moschettieriii!!!” [lì, in quel mini-sotto climax, raggiunge davvero le vette conquistate a fatica in “Anita Garibaldi”, l'orrido film (mini-serie televisiva) di una brava persona, Claudio Bonivento, che contiene la di lei interp(r)etazione peggiorerrima].
Due romani, un pugliese, un lucano e un toscano: i due quasi bestemmioni che ad un certo punto s'odono son quasi d'obbligo.
Moschettieri del Re - la PenUltima Missione” ti prende per sfinimento: a metà circa inizi a ridere come uno scemo (molto probabilmente perché sei profondamente scemo) e, sarà l'oppio, sa'l cazzo, continui...
Il finale alla NeverEnding Story è menefreghisticamente coerente col presente rivelato, centrato sullo zeitgeist, ché in fondo gli ugonotti, abbandonati al loro destino (ultima missione?) mi sa che esplodono inabissandosi.
Che schifo, che spreco, che bello.      

 


Ma... e Ceccherini?

* * ¾ - 5 ½      

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