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Kuchizuke

Regia di Yasuzô Masumura vedi scheda film

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La recensione su Kuchizuke

di maurizio73
7 stelle

Opera d'esordio del più europeo degli autori della nouvelle vague giapponese quella di Masumuro Yasuzo rappresenta uno spartiacque all'interno di una tradizione del gendaigiki afflitta dal convenzionale lirismo degli autori precedenti, ma anche delle trasgressioni esasperate dei primi tayozoku ispirati a Shintaro.

Garzone di pasticceria lui e modella d'arte lei, Kinichi e Akiko si incontrano per caso nel carcere dove sono reclusi i rispettivi genitori. Dopo aver trascorso una giornata al mare insieme, le loro strade temporaneamente si dividono, essendo entrambi impegnati nella ricerca dei soldi necessari per far fronte alle rispettive incombenze familiari. Proprio quando Akiko sta per cedere alle lusinghe del prepotente figlio del suo capo, disposto procurarle la somma di cui ha bisogno, Kinichi accorre in suo aiuto; ma non è solo una questione di denaro.

 

locandina

Kuchizuke (1957): locandina

 

Poveri ma belli...nella Tokyo degli anni '50

 

Opera d'esordio del più europeo degli autori della nouvelle vague giapponese (dopo la sfortunata esperienza negli anni '30 del Narutaki gumi), quella di Masumuro Yasuzo rappresenta il primo vero spartiacque non solo all'interno di una tradizione del gendaigiki afflitta dal convenzionale lirismo degli autori precedenti (Mizoguchi per cui era stato aiuto regista, ma anche Ozu e Naruse), ma anche delle trasgressioni esasperate dei primi tayozoku ispirati a Shintaro, laddove il nichilismo delle generazioni post belliche rivolgeva contro i genitori la furia iconoclasta che si riserva ad un sistema di valori considerato perdente e subalterno al colonialismo culturale dell'invasore occidentale (Crazed Fruit). L'eperienza del neorealismo, appresa durante il soggiorno italiano come primo studente giapponese presso il Centro di cinematografia sperimentale di Roma (Antonioni, Visconti e Fellini tra gli altri) si coniuga quindi ad una volontà di rinnovamento espressivo e tematico che imprime al cinema giapponese una svolta fondamentale, calandosi in una realtà giovanile (qui sono le classi meno abbienti, come peraltro sarrebe stato di lì a breve per Imamura e Oshima, a differenza dei ragazzi della buona borghesia del modello letterario cui si accennava prima) vista attraverso una prospettiva inusitata che fa del distacco emotivo, della esibita sensualità dei corpi e del rifiuto di qualunque sentimentalismo drammatico gli aspetti peculiari attraverso cui cogliere il dinamismo di un paese che sta attraversando una fase di forte crescita economica e mutamento sociale, ma che è anche afflitto dal conformismo di una società fortemente irregimentata cui opporre il cinico individualismo di personaggi vitali, veri e liberi, plasmati sul modello di quelli che lo stesso autore aveva imparato a conoscere ed apprezzare durante la sua recente frequentazione del coevo cinema europeo. 

 

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I poveri ma belli di questo edonismo cinico e disincantato (Shigehiko Hasumi, grande estimatore di Masumura, avrebbe parlato di vera propria distopia sociale) sono in questo caso i figli di due padri reclusi e in attesa di istruttoria per reati politici e finanziari, e unici discendenti di famiglie disgregate (figlio di genitori separati il disinvolto Kinichi e di una madre in sanatorio la romantica ma volitiva Akiko) che sbarcano il lunario come possono, cercando allo stesso tempo di recuperare quello scampolo di solidità familiare che la liberazione dei rispettivi genitori avrebbe consentito loro. Al contrario del modello di remissività e sacrificio delle donne già viste nella tradizione nipponica degli anni precedenti, quelle di Masumura sono caratteri forti e indipendenti, capaci di rischiare in proprio il difficile percorso di una improbabile felicità, marcando in modo ancora più deciso il divario che li separa da uomini sempre più preda della loro fragilità e del loro spaesamento sociale. Giocato su di un montaggio veloce, che riassume nel reciproco inseguirsi dei due protagonisti (lei insegue lui, passano una giornata insieme, si perdono di vista, lui insegue lei, si ritrovano) un arco temporale di 24 ore, sulla modernità di un linguaggio che lascia poco spazio al rispetto per la tradizionale subalternità dei ruoli e sulla originalità di inquadraure che esaltano una gioventù che brucia le tappe tra puntate d'azzardo, disimpegno gaudente, corse in moto e facili scorciatoie professionali, il film di Masumura è l'amara tragicommedia di un disorientamento giovanile che ricerca utiliristicamente il rapporto con l'altro (lui con la madre libera e indipendente, ma anche con la ragazza dolce e orgogliosa) ma che pure nasconde sottotraccia la flebile speranza di un ravvedimento emotivo che si scioglie nel pianto di gioia di una giovane donna che cerca solo un ingenuo riconoscimento sentimentale (il Kuchizuke del titolo) e nel passaggio in macchina nel finale che sembra sancire una insperata e ritrovata solidarietà intergenerazionale. Poche concessioni al lirismo si diceva, ma un realismo sentimentale che trova nella scena centrale una importante sottolineatura emotiva nella romantica 'Hot kissess' che la bellissima Hitomi Nozoe (musa dell'autore, seconda per importanza solo alla sua attrice feticcio Wakao Ayako) canta accompagnata al piano dal suo occasionale partner musicale.

 

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Prodotto per la Daiei (per la quale l'autore lavoro' fino alla chiusura, nel 1971), società che si contraddistinse per un elegante erotismo e la specializzazione nei generi, è basato come molte opere dell'autore su di un soggetto letterario; prima osannato da critici come Oshima (lo stesso Masumura scrisse su riviste di cinema) venne in seguito sconfessato dallo stesso, che ne criticò l'eccessiva freddezza nella rappresentazione d'ambiente e dei personaggi, funzionale come abbiamo visto ad un approccio di gelido disincanto e di rottura dei codici drammaturgici ed estetici del passato. Presentato nel 2011 all'Athens Film Festival, è un film importante ma poco conosciuto tanto in Giappone, dove a Masumura è stata dedicata una restrospettiva dal dal novembre 2000 al gennaio 2001, quanto in Italia dove è invece è arrivato, prima con una retrospettiva nel 1996 che vide la partecipazione di un commosso Michelangelo Antonioni e quindi prorpio nel 2011 grazie ad una analoga iniziativa dell'Istituto Giapponese di Cultura di Roma.

 

 

 

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