Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Non sono un esperto del cinema di Paolo Sorrentino e come la maggioranza degli Italiani, l'ho scoperto dopo l'oscar alla Grande Bellezza (2013) e avendolo visto (una sola volta) su Canale 5 il giorno dopo l'oscar, mi ha lasciato sensazioni non definibili e a tutt'ora non so se il film mi sia piaciuto o meno. Le sensazioni sull'ultima fatica di Sorrentino sono le stesse, anche se il voto è puramente indicativo, poichè il sito mi obbliga a darlo. Premetto che parlerò in quest'unica recensione sia della parte 1 che della parte 2 del film Loro; che titolo ingannevole a parte, forma un'unica pellicola divisa in due parti per ragioni unicamente commerciali.
Silvio Berlusconi è un argomento molto inflazionato nel dibattito pubblico italiano sin dalla sua discesa in campo nel 1994; ed essendo il sottoscritto nato nel 1993, si può dire che sia cresciuto (purtroppo) in piena epoca Berlusconiana, assistendo quindi ad un modo di pensiero fortemente edonista, quanto all'influenza culturale e sociale che questo nefasto personaggio ha impresso profondamente nel paese. Sorrentino basa il suo film sulla dicotomia Loro-Lui; dove i primi sono lo specchio dell'Italia post-Tangentopoli, edonista, iper-borghese, cafona, a-morale e arricchita, che senza alcuna remora si sente padrona del mondo infischiandosene di tutte le regole sociali e statali e con un sogno; incontrare Lui (Silvio Berlusconi) che tutto muove e manovra dalla sua villa in Sardegna. Se la prima parte della pellicola è ambientata dal profondo sud della Puglia, sino ad andare a Roma e Milano; la seconda parte è tutta ambientata nella villa di Berlusconi situata in Sardegna. C'è quindi il confronto tra macrocosmo (Italia) e microcosmo (Villa in Sardegna); dove il secondo prevale sul primo visto che tutte le decisioni vengono prese da quel posto.
E' una pellicola che lascia fortemente perplesso lo spettatore, che si ritrova innanzi ad un'opera troppo assolutoria verso la figura di Berlusconi (un Servillo veramente eccezionale) che alla fine viene vista solo come "il peggiore tra i peggiori" e non l'origine di tutti i mali del paese come nel molto più riuscito Caimano di Nanni Moretti (2006), dove il Berlusca veniva visto come un cancro morale e sociale (aghiacciante la sequenza finale) che ha imbarbarito il paese in modo irreparabile. Si ha la sensazione come se non esistesse Berlusconi, alla fine il degrado morale e politico degli Italiani ci sarebbe sempre stato. Carente di sottotesto ideologico forte, Sorrentino cerca di mascherare la vacuità del film con metafore e simbolismi di dubbio gusto, ma alcune volte riusciti (come la pecora che rappresenta il popolo italiano), mentre in altri momenti si affida ad immagini atte ad appagare il suo narcicismo snob come il rinoceronte e il camion della spazzatura che vogliono fare tanto autore impegnato e alla fine non sono altro che inutili orpelli.
Specie nella prima parte, ci sono tonnellate di donne nude e situazioni che si ripetono con il medesimo schema narrativo ed estetico, da far venire a noia lo spettatore; complice anche la monotonia della regia di Sorrentino che sembra conosca solo l'utilizzo di carrelli in avanti ed indietro per ampliare o restringere il mondo del soggetto inquadrato, ma che a lungo andare stancano perchè diventa maniera sino a rendere quasi innocua tutta l'operazione. In effetti lascia perplessi il fatto che seppur presenti tante donne nude, alla fine Berlusconi non faccia mai nulla di fisico con loro; clamoroso errore elidere l'atto fisico quando poi con personaggi come Sergio (Scamarcio) ci si sofferma a fondo. Sorrentino si compiace nella sua forma e nelle sue immagini asettiche al neon prolungate, da perdere il focus del film e sopratutto alcuni personaggi che nella seconda parte dell'opera si eclissano sino a sparire, rendendo così incompiuti i loro archi narrativi (vedasi il personaggio di Sergio).
Ci sono intuizioni comunque geniali come la telefonata della vendita di un immobile non ancora costruito, dove Sorrentino riesce a rendere tangibile la rappresentazione di "venditore di sogni materialisti" da parte di Berlusconi o la sua barzelletta sulla comunanza tra cristianesismo e comunismo (geniale, ho riso come un cretino) ed un finale che presenta l'interessante metafora del vulcano,il quale risulta essere l'operazione concettuale più riuscita del film. In effetti Berlusconi se è da oltre 25 anni che è in campo politico, lo è per via del fatto che non vive di ricordi come la maggioranza delle persone, ma è anche un self made-man che ad oltre 70 anni ha sempre avuto dei progetti per l'avvenire e questo lo rende affascinante e sopratutto immortale. Al vulcano artistico-concettuale nella villa di Berlusconi che tutto distrugge per poi ricostruire (speculando sopra con le New Town dell'Aquila), si contrappone la statua del Cristo recuperata dalle macerie di una chiesa dell'Aquila; che raffigura la perpetrazione della rettitudine del ricordo di una parte sociale italiana che si ritrova a combattere e ricostruire, partendo dalle macerie fisiche e sociali lasciate da Berlusconi. Che quest' Italia fatta di persone che credono ancora nella rettitudine morale, di soccorritori professionali (pompieri) e volontari vari, sia ancora la maggioranza (o una forte minoranza) può essere oggetto di dibattito critico in proposito.
In sostanza, Loro di Sorrentino m'è parso un film logorroico, a tratti vuoto e un bel pò narcicista, colpa anche del fatto che il regista non sembra avere sottotesti ideologici forti (a quanto risulta Sorrentino è pro-PD di Renzi, ovvero un nuovo Berlusconi in salsa "sinistroide") e quando tenta di giocare questa carta tramite il dialogo tra Veronica Lario e Berlusconi, risulta pedante, scolatistico e fortemente didascalico (oltre che inverosimile nella realtà... Veronica dovrebbe sapere la vera natura del marito). La costruzione visiva delle immagini è sopra la media ed in taluni momenti notevole, solo che il formalismo diviene fine a sè stesso e non si fà mai percezione sostanziale, facendo si che il risultato del film sia fortemente depotenziato.
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