Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Esagerazione è la parola d’ordine di quest’atto conclusivo dell’epopea di Silvio Berlusconi. Condito da un’eccessiva dose disgusto che Sorrentino sembra volontariamente far trasbordare; cosciente e consapevolmente capace di rendere tale sensazione piuttosto percepibile allo spettatore.
A differenza della prima parte che risultava introduttiva e scorrevole, qui sembra concentrarsi il cinema di Sorrentino, con allegorie e concetti nascosti tra frame significativi e musiche suggestive. Tutto è più simbolico, a partire dal manifesto che dal nero della prima parte diventa rosa. Quasi a voler indicare che quei Loro inizialmente sconosciuti, si riveleranno poi senza remore. Loro sono le donne che circondano “il presidente”, sono i cittadini che si lasciano ammaliare dal sorriso sornione e dalle promettenti parole di conforto; Loro sono Silvio e Veronica (e si spiega anche il 2), stravolti dal potere e dalla sete arrivista, che non si smuove dalla mente di Berlusconi e che anzi sembra crescere insieme agli anni della sua età.
Perché se nella prima parte la figura di Silvio è messa da parte e si palesa solo dopo un’ora e più di film, in questa seconda è proprio lui a farla da padrone. Quindi via il carattere mite da bravo uomo di famiglia innamorato di sua moglie, e avanti con il truffaldino approfittatore che specula sui bisogni della gente e sfrutta la sua posizione per non limitarsi mai. Toni Servillo è, inutile dirlo, immenso. Regge l’intera durata del film sulle sue spalle e supera ogni aspettativa. L’interpretazione non è (qui) mai esagerata, mai sopra le righe, e la compostezza che sembra voler cavalcare è necessaria per rappresentare la carica politica che riesce (nuovamente) a ricoprire.
Menzione speciale ad una scena in particolare: la rappresentazione, silenziosa e struggente, del terremoto dell’Aquila. Dimostrazione che Sorrentino ha voluto fare un film che omaggi prima di tutto l’Italia e gli italiani; Loro dopotutto siamo noi tutti che, nonostante le scelte sbagliate e la solerte capacità di riuscire a farci prendere in giro sempre dagli stessi personaggi e sempre attraverso l’utilizzo delle stesse parole, abbiamo un attaccamento viscerale al nostro paese che poi, sotto sotto, è lo stesso amore che, a sentire Silvio, l’ha accompagnato costantemente nelle scelte della sua vita, giuste o sbagliate che siano.
Meno empatica della prima parte, questa seconda possiede le caratteristiche delle recenti pellicole di Paolo dove nulla è ciò che sembra. Lo spettatore si approccia con fatica alla visione più ermetica di ciò che vuole rappresentare ma è palese chi sia il reale protagonista. Sposta tutti i personaggi della prima parte ai lati della scena e al centro LUI che muove i fili di LORO che finalmente appaiono per ciò che sono al suo cospetto: nulla. La degna conclusione di ciò che era stato ancor più degnamente iniziato.
Un film che è l’ascesa e la discesa di un uomo che possiede in se la forza di rialzarsi sempre, nonostante tutto. Che può essere comunque un esempio, anche da non seguire se vogliamo, ma che ha avuto sempre qualcosa da dire o piuttosto da fare e capace tutt’oggi di creare scompiglio nei pensieri (e non solo) degli italiani, quel popolo così amato e conteso che ancora lo tiene vivo.
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