Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Loro due sono Silvio (Servillo) e Veronica (Ricci), esasperata dai bunga bunga, dalle olgettine e dalle minorenni che hanno trasformato l'ex presidente del consiglio nello zimbello di mezza Europa. Loro due sono Silvio e Mariano Apicella (Esposito), che lo accompagna con la chitarra in una delle tante esibizioni ombelicali davanti a un pubblico di adulatori. Loro due sono Silvio ed Ennio Doris, suo doppio, fondatore di Mediolanum, colui che lo convince a tornare alla presidenza del consiglio con la mossa del cavallo, portando sei senatori dalla sua parte per far cadere il governo di centrosinistra. Loro due sono Silvio e Fedele Confalonieri (Sbragia), presidente Mediaset. Loro due sono Silvio e Mike Bongiorno (Pagliai), silurato senza preavviso dalle reti del Cavaliere. Loro due sono Silvio e l'unica ragazza (Pagani) che, alle cene "eleganti" - tutte culi e tette - resiste al vecchio sottaniere, dicendogli pure che "ha l'alito di suo nonno". Loro due sono Silvio e una casalinga (Marigliano), scelta a caso sulle Pagine Bianche, alla quale l'imbonitore più abile d'Italia dimostra di essere ancora il numero uno. Loro due sono Silvio e una anziana signora che ha perso la dentiera in occasione del terremoto de L'Aquila, dove da presidente del consiglio il leader della Casa delle Libertà entra trionfalisticamente, sventagliando promesse a gogo.
Vedendo Loro 2, nel quale il gioco delle parti si faccia più scoperto rispetto al capitolo che lo precede, viene il sospetto che il numerale del titolo non sia solo l'elemento necessario a distinguere in due parti un film altrimenti soprammisura, bensì il sottotesto programmatico di un'opera che, a differenza del primo capitolo, è congegnata proprio su una serie di scene a due che avrebbero potuto essere montate e smontate in qualsiasi altro modo. Proprio qui sta il pregio e il difetto maggiore del film: da un lato, questi quadretti diadici offrono a Servillo l'occasione per una interpretazione di impressionante ricchezza espressiva, monumentale; dall'altra fanno perdere il senso di un insieme compiuto, coerente, dando invece l'impressione di un collage nel quale Sorrentino sembra più preoccupato a costruire scene memorabili per qualità dei dialoghi e dell'immagine (dietro la macchina da presa c'è sempre Bigazzi, una garanzia) che non dal dare continuità al racconto. Il ritratto del suo Berlusconi - concentrato su un arco temporale che sta tra il 2007 e il 2009 - è comunque quello di un uomo del tutto impermeabile all'opinione altrui, narciso, solipsista, immancabilmente bugiardo e imbroglione, erotomane più per esercizio di potere che per vis testosteronica. Un ritratto pungente, scontornato in ambienti lussuosissimi, popolati da mignotte e lacchè, nei quali si danno spettacoli ultratrash che il regista sfrutta per staccare con coreografie di grande impatto visivo, dimostrando un talento talmente fuori misura da fargli perdere il controllo del racconto. Un racconto che nelle schermaglie verbali più possenti viene rubricato a bigino didascalico sul percorso politico e umano dell'uomo che ha avvelenato il sistema di valori di un intero paese.
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