Regia di John R. Leonetti vedi scheda film
Un ripetitivo esemplare sui tragici fatti di Cielo Drive che non aggiunge nulla di nuovo. Anzi, ripercorre con ipocrita autocensura la dinamica del massacro in casa Polanski. Indicato comunque per ogni tipo di pubblico proprio a causa delle edulcorata confezione, data da una forte autocensura.
Los Angeles, 1969. Da tempo in diverse ville avvengono intrusioni notturne, durante le quali gli arredamenti sono messi a soqquadro e le pareti imbrattate con scritte. Il 9 agosto di quello stesso anno, nell'altolocato quartiere di Cielo Drive, presso la lussuosa abitazione del cineasta Roman Polanski, la moglie e celebre attrice Sharon Tate (incinta di otto mesi) è in compagnia di tre amici. Ancora una volta entrano in azione gli intrusi. Si tratta di una setta, definita The family e capeggiata da Charles Manson, leader spirituale qui in azione con tre seguaci. Ma stavolta, il gruppo non si limita a mettere sottosopra la casa, poiché la villa rappresenta per Manson il centro di tutti i mali, essendo simbolo di una delusione professionale poiché proprietà di un produttore (il figlio dell'attrice Doris Day), che lo ha respinto come compositore musicale.
Il regista Jim Van Bebber realizza The Manson family, pellicola andata incontro a una serie di arresti di lavorazione a causa del tema, fortemente osteggiato. Iniziata sin dal lontano 1988, solo nove anni più tardi (1997) ne viene proiettata una versione al Chicago Underground Film Festival ed al Montreal FanTasia Film Festival. Uscito poi nel 2005 in USA (nel mese di marzo) il film è incorso, nuovamente, in una forma di censura, venendo bandito dalla distribuzione delle grandi catene commerciali di home video. The Manson family è un horror psichedelico che punta alla rappresentazione "analitica" ed esplicita della brutale violenza - culminante in omicidio - commessa dal gruppo di "folli" capeggiati da Manson, e di cui, principale vittima, fu la povera Sharon Tate.
Non è il primo film ispirato ai tragici fatti di Cielo Drive, né -purtroppo- sarà l'ultimo. Il più recente, voluto dalla New Line Cinema, è invece questo The wolves at the door, titolo che arriva dalla modalità di approccio dei criminali, ovvero con il loro avvicinamento all'abitazione presa di mira, seguito dal continuo e insistente bussare a porte e finestre. Scritto da Gary Dauberman, viene affidato alla regia di John R. Leonetti, un cineasta con all'attivo un paio di horror derivativi, cose tipo The butterfly effect 2 ed Annabelle. Il problema di un film come questo è che ripercorre avvenimenti tristemente più che noti e, facendolo in maniera edulcorata, diventa un inutile ulteriore esemplare che va a sommarsi -per numero statistico e nulla più- ai film girati sul caso. Qui, in particolare, non vengono date le motivazioni che muovono Manson, lasciando che siano un paio di didascalie (ad inizio e alla fine) a dare spiegazione parziale del brutale massacro.
Realizzato in un periodo di insistenti voci sulla imminente uscita dal carcere di Manson, The wolves at the door è piuttosto breve (circa settanta minuti) e caratterizzato da una voluta censura dei delitti, espressi spesso fuoricampo e mai con dettaglio delle ferite. Questa scelta dona al girato una impronta da (quasi) documentario adatto a un pubblico molto ampio, prendendo così, per l'impostazione più contenuta, le distanze dall'esplicito lavoro di Bebber citato in precedenza. È da sottolineare che Leonetti qui si muove discretamente bene, inscenando almeno un paio di piano-sequenza suggestivi, e nel complesso con un lavoro di cura formale che rende di buona qualità la messa in scena. Purtroppo, nella sua filmografia, con questo titolo prosegue l'adattamento di sceneggiature poco interessanti, che andrà a continuare anche l'anno successivo con il brutto horror per teenagers che è Whis upon.
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