Regia di Jim Loach vedi scheda film
13° FESTA DEL CINEMA DI ROMA - ALICE NELLA CITTA'
A metà anni '70, un teenagers timido e sovrappeso, si ritrova ad essere costantemente succube di decisioni altrui, se non vittima di odiosi episodi di bullismo che lo riducono alla mercé dei suoi arroganti assalitori. Bobby ha 14 anni, ed è costretto ogni estate a partire in vacanza coi genitori e la bella sorella di poco più grande, diretti tutti ad una località di vacanza presso un lago ameno quanto isolato dal resto del mondo. Annoiato e lasciato solo dal suo unico amico, con i genitori sull'orlo della separazione, Bobby troverà occasione di mettersi a disposizione di un anziano medico, divenendo suo sfrittato e sottopagato giardiniere, e non potrà fare a meno di non subire le angherie di tre ragazzi del posto più grandi di lui, decisi a sfogare su di lui, gentile ed inerme, tutte le loro frustrazioni di ragazzi isolati dal mondo.
Un disastro, almeno fino a metà estate, perché poi la vita riserverà, come a volte succede, delle scappatpie, o delle sorprese, o delle rivalutazioni che permetternno al ragazzo di aggiustare il tiro, guadagnando in considerazione e soprattutto in dignità.
Giunto alla sua seconda opera a soggetto, Jim Loach, figlio del grande Ken, ci racconta con una certa finezza l'ennesimo coming of age e la maturazione che traghetta dall'adolescenza alle soglie dell'età adulta, un ragazzo succube di un proprio carattere remissivo e ancor più vittima di una struttura fisica non proprio propizia ad assurgerlo a capo branco o a leader di folle entusiaste del proprio carisma.
Ma la vita può essere gradevole e gratificante anche senza l'obbligo di compiere grandi azioni eroiche, o accontentandosi semplicemente di dare una propria soddisfazione al proprio orgoglio, per troppo tempo mortificato.
Forte di un cast validamente scelto a partire dal simpatico, pingue e credibile protagonista Blake Cooper, che vanta nomi noti come la caratterista Judy Greer, Luke Wilson in poco più che un cameo, o il grande Donald Sutherland, qui impegnato in un ruolo pieno di sorprese e sfaccettature assai ben celate, Measure of a man segue senza troppi sobbalsi un suo canovaccio piuttosto prevedibile, se non telefonato, ma si distingue anche per la disinvolta limpidezza con cui il regista organizza l'approccio verso tematiche ormai ampiamente calpestate dal cinema e dalle altre tecniche narrative più comunemente utilizzate per usufruire di un racconto.
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