Regia di All Zammi vedi scheda film
Una storia di ragazze abbandonate, che hanno trovato la famiglia perduta o mai goduta, nella solidarietà tra trovatelle, presso l’istituto minorile che le ha viste crescere, almeno fino al momento in cui alcune di esse, sono in seguito ste date in affido.
Troviamo le cinque amiche cresciute, dentro una piccola barca, probabilmente presa a prestito, per non dire rubata, mentre si dirigono nel circondario paradisiaco, ma anche spettrale, dell’isola che le ha viste crescere durante la permanenza in collegio.
Sono ormai adulte, e quella che decidono di intraprendere, è un’avventura volta a rivangare tutto ciò che di buono ha contraddistinto una amicizia di fatto forzosa, ma anche preziosa, elemento insostituibile che ha permesso ad ognuna di loro di arrivare all'età adulta minimizzando i traumi.
Peccato che l’isola, lussureggiante, magnetica, piena di solfatare e getti di acqua calda provenienti dal cuore della terra, custodisca anche un’anima errante e vendicativa, che in qualche modo rivendica la presenza di un nascituro gemello a quello che è stato tolto alla più giovane e tatuata delle amiche, Jana, durante una recente operazione. Una presenza maligna che vive in quelle terre surriscaldate, tra quelle acque quasi come un essere anfibio, e che si vendica di quello che ritiene un torto subito, finendo altresì per compromettere definitivamente la sorte dell'orgoglioso gruppo di ragazze.
Il bello della stagione estiva, quella in cui il cinema languisce e le sale si dedicano a tirar fuori dal cilindro avanzi e scampoli di ciò che non è stato possibile distribuire nei momenti di punta, scoprire un cinema italiano che ancora si ostina coraggiosamente a rimanere all’interno del genere, dell’horror in particolare, scegliendo – in questo caso – il percorso del “survival-movie” già ampiamente calpestato sia a livello "locale", sia in giro per il mondo.
Un film, questo Parasitic Twins, fatto con pochi mezzi, ma girato con cura, forte di ambizioni internazionali, come denota anche il copione in inglese e l’utilizzo di interpreti sconosciute, ma di lingua internazionale, circostanza che ha reso necessario ricorrere al doppiaggio; e non ultimo dettaglio, ci piace il ricorso allo pseudonimo grazie al quale l’intraprendente regista Claudio Zamarion si ripara, trasformandosi per l'occasione in All Zammi (tenerezza e nostalgia dei tempi in cui nel cinema di genere questo escamotage costituiva la regola anche per i maestri più blasonati).
Una pellicola questa, che gioca molto, anzi troppo, sull’efficacia di una ambientazione unica, magica, dai percorsi labirintici e le tentazioni visionario-gotiche anche pregevoli, all’interno del quale il regista (pure responsabile della affascinante e curatissima fotografia) si muove sapientemente, escogitando una trappola mortale che costringe ad percorso di fuga senza scampo, le ragazze superstiti; una corsa che si rivela foriera di ben poche speranze, durante la quale ognuna delle ragazze, tranne le due su cui si concentra maggiormente la caratterizzazione, si impegnano in tutti i modi e ricorrendo a tutti i cliché del caso, per farsi eliminare o sopprimere anzitempo.
Una operazione non ricorrente si intravede con questa piccola produzione, di tutto rispetto a livello produttivo, che ci ricorda, per situazione ed ambientazioni isolane o semplicemente anche solo isolate, quel controverso esperimento di Alex Infascelli che fu H2Odio, uscito direttamente in dvd anni orsono, e che finisce per descrivere piuttosto bene luoghi e situazioni/traumi di partenza, dimenticandosi, o comunque non riuscendo a fornirci un ritratto compiuto, soddisfacente, o plausibile, del personaggio centrale affidato alla minaccia maligna che incombe sulle orfanelle ormai cresciute ed adulte, ma mai indifese ed isolate come in quella circostanza che esse stesse sono andare a procurarsi.
La misteriosa e rancorosa abitante dell’isola che cerca di riscattare il nascituro “parallelo” a quello tolto di mezzo, finisce per essere ridotta ad un elemento abbozzato, goffo se non ridicolo, decisamente ed inesorabilmente incompiuto; certamente non in grado di sorreggere tutto l’apparato posto in essere per permettergli di impossessarsi di una compiuta caratterizzazione e sfaccettatura adeguate.
Un horror che, lo ripetiamo, appare costruito ed organizzato con uno spiccato senso della messa in scena, ma alla fine riuscito solo nella costruzione degli ambienti e delle location: la vicenda ci catapulta troppo direttamente in una situazione che avrebbe meritato preamboli più specifici, anziché coinvolgerci solo nel bel mezzo di una fuga complice che non sta in piedi autonomamente, nemmeno se suffragata da qualche veloce spiegazione; ma comunque sempre meglio di molte di quelle banali produzioni caserecce horror nostrane prodotte ad uso e consumo degli stessi responsabili di alcune grandi catene di multisale, che negli anni passati hanno circolato con scarsa fortuna, parcheggiate quasi come un dovere di forma nelle sale più piccole dei multiplex di provincia, a ridosso dei centri commerciali, programmate nel solo ultimo spettacolo o talvolta in quello di mezzanotte del sabato al servizio di nottambuli o ciurme di giovani insonni poco informati cinematograficamente.
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