Regia di Werner Herzog vedi scheda film
Cinema, uomini, solitudini, rabbia:
"L'Enigma di Kaspar Hauser"
[Jeden fur sich und Gott gegen Alle], Werner Herzog, 1974, [Germania Ovest], Drammatico.
Werner Herzog è sempre stato un regista unico e stimolante, geniale al di là del concetto di spazio e tempo, e i suoi film esperienze cinematografiche visionarie e poetiche quasi senza pari, con nessun altre. E' quindi con tutta la deferenza e la timorosità di questo mondo che ci si accosta a scrivere di uno dei suoi capolavori assoluti, lo straordinario, prezioso, dall'atmosfera inimitabile "L'Enigma di Kaspar Hauser", appena ristampato in dvd dalla Ripley's in un nuovo master restaurato in HD dalla Alpha Omega di Monaco. Ad esaltarne la strepitosa fotografia di Jörg Schmidt-Reitwen, e ripubblicato come precedentemente tutti i titoli (o quasi) della filmografia herzoghiana negli anni 2003-2007, in una collana denominata "Il Cinema dell'Estasi", curata dalla Werner Herzog Film.
Pochi altri film, possono vantare il fascino evocativo ed elegante, il calore e la fragilità umana che emanano già i primi dieci minuti di questo ispiratissimo e strabiliante affresco descrittivo della Germania nella prima metà dell'ottocento. E pochi altri film possono vantare lo sguardo di "pietas" e affetto che solo chi è apparentemente duro e tagliente ma sempre etico come il regista monacense, riesce ad infondere al suo infelice protagonista Bruno S. nei panni di Kaspar Hauser, uno dei più celebri casi di "ragazzo selvaggio" cresciuto fuori dalla società degli uomini, nell'Europa fra gli anni 1828 e 1831. Di grande valore e interesse, come in quasi tutti i film di Herzog, sono anche qui le immagini della natura e i personaggi secondari, interpretati da volti unici e dalla profonda umanità, che il regista tedesco è sempre stato così bravo a trovare per i suoi film. La storia è nota, ma in breve: in una piccola cittadina tedesca una mattina del giugno 1828 appare un giovane immobile del quale non si sa nulla, nè la provenienza nè le sue origini, oltre che apparentemente incapace di comunicare alcunchè. Non solo la piccola cittadina ma presto anche l'intero paese e la comunità scientifica entreranno in grande e crescente curiosità, informati dalla per così dire stampa scandalistica dell'epoca. Il ritratto di questa all'apparenza illumistica, ma in realtà ombrosamente morbosa attenzione verso il ragazzo selvaggio e tutti i misteri che esso porta con sè, e reso da Herzog con grande aderenza e maestria, specularmente a quel che vuole anche essere un potente apologo in costume sulla natura enigmatica dell'uomo, e il mistero della sua esperienza e del suo apprendimento, come delle sue false sicurezze. L'interpretazione dell'ingenuo ma intelligente Kaspar di Bruno S., celebre attore non professionista herzoghiano,dal cognome celato per propria volontà in rispetto alla sua vita di sofferenza tra manicomi e riformatori, in aderenza dunque a quella dello stesso Kaspar Hauser, è straordinaria e memorabile.
Herzog, inserendosi con questo film in un solco di pellicole pedagogiche che aveva avuto cinque anni prima un grande modello ne "Il Ragazzo selvaggio"(L'Enfant Sauvage)(1969) di Francois Truffaut, infonde al racconto e ad una possibile parabola pedagogica la sua allora inconfondibile visione estrema del mondo, filtrato attraverso lo guardo spiazzato del da poco "venuto al mondo" Kaspar, con il quale vedere il circostante per quello è. Senza dunque essere adombrato dalle convenzioni deterministiche date dalla psicologia, dalle leggi e dalle religioni, dalle filosofie come da ogni quasi sempre falso spiritualismo culturale, ma solo attraverso l'innocente delicatezza dello sguardo dello stranito Kaspar, che attraverso i suoi sogni filtra la realtà in immagini di potente poesia sottolineate classicamente dall'"Adagio" di Albinoni, come dal "Canone in D Maggiore" di Johann Pacelbel, a diventare sequenze di aperture oniriche indimenticabili per la mente dello spettatore che vi si immerge. Dato che il cinema di Herzog è da sempre molto avvolgente ed esteticamente impreziosito da una potenza senza pari, così come nel suo racconto, mette in evidenza il contrasto inevitabile e insanabile tra il cosìddetto "diverso", il "freak", e la società, in forma intrigante e con delle composizioni visive che rasentano spesso la perfezione.. Magnetica- occorre ritornarci- è la capacità di Herzog nel trarre la massima espressività dal paesaggio ancora più che dalle parole, e dalla loro intrinseca incomunicabilità, esplicata già nella fluidità dell'inizio con il vento che tarkovskianamente accarezza in vortici l'erba, sottolineato immediatamente dall'adagio costante di Pachebel in chiara simbologia della purezza di Kaspar, e in chiaro contrasto con quella che seguirà nella storia, la cattiveria degli uomini e la loro stupida, in molti casi crassa ed inevitabile, crudeltà. Qui spogliata da ogni orpello pietistico o di melensaggini, sempre in agguato in storie e con personaggi di questo tipo, ma che grazie anche all'interpretazione enigmatica e toccante di Bruno S.,si scrolla di dosso ogni conformismo, o curiosità dettata dal cinismo, anch'essa a rischio in film di questo genere. Capolavoro
John Nada
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