Regia di Werner Herzog vedi scheda film
Storia vera di Kaspar Hauser, un "trovatello" di circa diciotto anni che fu scoperto nella piazza principale di Norimberga nel 1828, in grado di pronunciare soltanto poche parole e incapace di reggersi dritto in piedi. Herzog coglie questo spunto storico per offrirci la più compiuta fra le sue riflessioni sull'esistenza umana posta di fronte a limitazioni e deprivazioni traumatiche e sul confine sottile fra normalità e anormalità, fra integrazione sociale ed emarginazione risultante da un destino difficilmente modificabile. Un film dalle connotazioni filosofiche evidenti che presenta problematiche ardue senza offrire facili soluzioni, con un'indubbia venatura polemica sui guasti e i manierismi della civiltà, e soprattutto sulla pretesa della Logica e della Razionalità di spiegare tutto, anche quando ci si trova di fronte a un enigma della Natura come Kaspar. Ciò che rende indimenticabile il film, oltre alla sua bellezza visiva annunciata fin dalle prime immagini, è la sua appassionata adesione a un gusto estetico che sembra riallacciarsi a certe opere del Romanticismo tedesco dell'Ottocento (e di cui l'utilizzo della musica classica è un perfetto strumento espressivo). Per quanto più vecchio del vero Kaspar Hauser, Bruno S. è perfetto nella parte : forse solo un non-attore dal passato tormentato come lui poteva restituirci il sentimento di estraneità al mondo circostante provato dal personaggio, con una mimica facciale allucinata e una dizione certamente diversa da quella che avrebbe potuto darci un attore professionista (Bruno tornerà nella Ballata di Stroszek, quasi come simbolo degli emarginati tanto cari ad Herzog). Il film ha un andamento ipnotico e una capacità di valorizzare il paesaggio che pochissimi registi contemporanei possiedono. Le sequenze delle visioni aggiungono pregnanza al tema della ricerca del senso della vita terrena. Straziante e indimenticabile.
voto 9/10
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