Regia di Werner Herzog vedi scheda film
L'unico difetto che mi sento di rimproverare al film è la traduzione italiana del titolo: è pur vero che quello di Kaspar Hauser resta, a distanza di centosettanta anni, un enigma, ma il titolo originale, che in italiano avrebbe suonato "ognuno per sé e Dio contro tutti", era più bello. Per il resto non si può che ammirare questo lavoro di Herzog, probabilmente il suo miglior film e uno dei migliori film degli anni settanta, esaltato dalla recitazione stranita di Bruno S., una via di mezzo tra il vero Kaspar e il Gavino Ledda di "Padre padrone". Herzog sa trasmettere delle immagini potentissime ed evocative (campi di grano increspati dal vento, le montagne dell'Anatolia sognate da Kaspar) in una struttura narrativa libera e quasi anarchica, contenente sequenze che non rinunciano a muovere al riso. Racconta la vita di questo puro di spirito che ha una maggiore condivisione con la natura rispetto all'uomo comune; che attribuisce l'anima alle mele e ragiona secondo una logica rozza ma stringente: una delle migliori scene è proprio quella della lezione di logica. È certo che una società borghese non poteva che espellere dal proprio corpo un essere del genere, fino a liquidarlo, dopo la sua morte, come un subnormale. E forse il vero protagonista del film non è nemmeno Kaspar, quanto il piccolo scrivano (Scheitz) che dall'inizio verbalizza meticolosamente tutto quanto accade nella vicenda del trovatello (Bruno S. è caratterialmente appropriato al personaggio, ma troppo vecchio per rappresentare un sedicenne), fino alla fine in cui si compiace del proprio verbale esatto, preciso, scientifico. Stupenda la fotografia, poderosa e geniale la regia. Uno dei film indispensabili per chiunque ami il cinema. P.S. Il tema del film può ricordare "Il ragazzo selvaggio" di Truffaut, ma lo svolgimento è molto diverso: il trovatello educato dal professor Itard è un reietto fin dall'inizio, non dà mai l'impressione di potersi ambientare nel "consesso civile". Kaspar è forse anche più pericoloso, perché apprende in maniera quasi geniale (impara perfino a suonare il pianoforte), ma secondo la sua logica deviata perché può mettere in crisi il modo di pensare comune (e lo si vede proprio nella scena dell'esame/lezione di logica), scavandolo dall'interno e comunque reinterpretandolo alla propria maniera e talvolta rifiutandolo, come nell'episodio in cui, introdotto in società da un lord inglese, Kaspar si rifugia a fare la calza.
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