Regia di Rupert Goold vedi scheda film
Judy Garland, stella di prima grandezza del periodo degli Studio System, noto anche come l'Età dell'Oro di Hollywood. Nonostante l'aspetto poco glamour aveva uno stile e, soprattutto, una voce inconfondibili che riuscivano ad incendiare le platee mondiali. Enfant prodige in cui, persino, un altro genio dello showbusiness come Michael Jackson finì per identificarsi - tanto da emularla anche nella tragica fine ( una sorte, a dir il vero, comune a molti artisti dell'industria dello spettacolo a stellestrisce, sfruttati come prodotti commerciali su cui si reggono le sorti finanziarie di un intero apparato industriale). Il film, narrando i suoi ultimi problematici anni di vita, ridotta sul lastrico e in preda a crisi di panico, lascia intendere che avrebbe preferito dedicarsi ai figli, piuttosto che alla carriera se solo avesse avuto abbastanza sicurezza economica. Il necessario distacco dagli affetti la straziò in tutto il periodo del suo trasloco londinese avvenuto per una serie di concerti. Fragile come una bambina nella vita privata, sapeva diventare monumentale sul palco in un attimo, come per incanto, grazie a nient'altro che alla sua voce e alla sua presenza scenica. Dunque, Judy era lacerata tra questi due estremi come nessuno potrebbe mai arrivare a comprendere, né rappresentare ma solo alludere. I flashback mettono giustamente in relazione i suoi tormenti interiori con la sua infanzia repressa e plasmata personalmente da Louis B. Mayer, capo della MGM. Dunque, una personalità programmata per uno scopo ben preciso: associare la felicità personale al riscontro dell'audience. Una volta, la figlia Liza Minnelli a proposito della madre commentò che la gente non era tanto interessata al suo lato umoristico, quanto al suo lato triste. E il film, infatti, dà al pubblico esattamente ciò che si aspetta. Così, l'interpretazione di Zellweger, sebbene intensa e notevole nelle parti canore, è caricata in modo espressionistico per esaltare i suoi disturbi mentali e venire incontro al gusto morboso e consolatorio del pubblico: vedere un personaggio di successo nel momento della caduta. Come film in sé, tutto l'interesse è concentrato sulla scoperta di particolari riguardanti la realtà della diva, poiché dal punto di vista prettamente estetico non si discosta affatto dalle convenzioni del genere. Inoltre, la narrazione dà l'impressione di essere assai parziale e superficiale.
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