Regia di Edoardo De Angelis vedi scheda film
Dorme placidamente Maria, protetta dal suo angelo nero, dopo le fatiche del parto. Nella mangiatoia, al suo fianco, sta il nascituro, nel caldo abbraccio di una coperta. Ai suoi piedi, il vecchio pescatore, che l'ha aiutata a partorire, riposa, spossato dalla tensione e dalle emozioni di una gioia tanto desiderata quanto inattesa. E mentre il fuoco sta per spegnersi, una mano misteriosa, prima ricopre la culla, poi riattizza la fiamma nel focolare di un'alcova abusiva e diroccata. Forse un pastore gentile che porta un po' di ristoro a chi è appena sceso su una terra difficile e scevra di soddisfazioni. Un atto di pietà e la professione di fede per questa creatura chiamata ad un compito arduo: ridare decoro ad un territorio incancrenito da piaghe purulenti. La natività allestita da Edoardo De Angelis in terra campana riverbera la speranza di un nuovo Messia o meglio di tanti piccoli uomini e donne di buona volontà che vogliano e possano cambiare le tremende sorti di un territorio devastato dal malaffare e dallo stupro di Madre Terra.
Ma prima di lanciare questo appello alla speranza De Angelis ci cala nel più brutale dei gironi danteschi. Ci immerge nella più lacerante delle realtà. L'Avvento è uno spazio in cui la miseria nutre l'ignoranza e viceversa. Un cane che si morde la coda e produce le più tristi nefandezze: neonati sfornati in serie per sbarcare il lunario, prostitute che partoriscono bimbi, figli di rapporti non protetti, venduti in cambio di una mazzetta color marrone. Donne abbandonate a se stesse, donne che hanno venduto la propria anima per una siringa da infilare in un braccio o per l'ennesimo anello da mettere al dito, donne che non riescono a sottrarsi alla violenza del proprio destino. Un destino che mostra il proprio volto crudele nella camminata sciancata di un essere imperfetto, nello sguardo disilluso di una puttana tradita, nelle vecchie baracche in disuso, di pescatori estinti da un fiume velenoso che ora custodisce nelle sue rive prostitute africane che vestono i colori sgargianti degli antichi magi d'Oriente. Nuove grotte danno riparo a nuovi pastori, sempre reietti, diffamati ed allontanati dal mondo. Non c'è stella ad illuminare le genti. Il suo chiarore è stato offuscato dai toni elettrici delle insegne mentre dall'alto cade una neve senza ghiaccio da nuvole, scure, senza acqua.
De Angelis non urla, non sbraita, lascia che le immagini raccontino. Dà il lieto annuncio nella Terra dei Fuochi tra nevicate di cenere e spiagge di plastica, tra drappi neri e derrate comunitarie che benediscono il capo di sposi condannati anziché la bocca degli indigenti. La terra del Volturno non elargisce oro, incenso o mirra, non fa doni a nessuno ma riesce ancora a parlare di speranza per il futuro ad ogni alba di luce e ad ogni vita che nasce. Maria non veste il manto azzurro del divino ma una giacca che sembra una vecchia coperta e a suo modo e con coraggio, schiaccia sotto il proprio tallone il male che serpeggia tra le acque della propria terra.
Maria è la bella e brava Pina Turco. Guida un cast femminile di grande bravura in cui spicca Marina Confalone nel ruolo del magnaccia. Il film di De Angelis è ricco di simboli, è molto curato nella rappresentazione scenica, sapientemente fotografato ed impreziosito da musiche trascinanti e malinconiche. È piaciuto parecchio alla Festa di Roma tanto da portare a casa il premio del pubblico. Giocava in casa perciò non mi soffermerei troppo su quanto guadagnato. Molto più interessante invece il risultato conseguito a Tokyo dove il film ha portato via il premio per la miglior regia e per la miglior interprete. Un riconoscimento, quello tributato nel festival giapponese, che vale molto di più. La speranza è un bisogno condiviso da miliardi di donne e uomini. Il film di De Angelis è uscito dalle proprie acque per parlare un linguaggio universale che in Giappone è stato compreso e che merita di essere diffuso in ogni angolo della terra.
Cinema Teatro Santo Spirito - Ferrara
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