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Roma Golpe Capitale

Regia di Francesco Cordio vedi scheda film

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La recensione su Roma Golpe Capitale

di barabbovich
8 stelle

Dopo 5 anni di sindacatura Alemanno, di saccheggio delle casse capitoline, di un debito di nuovo pari a 800.000 euro dopo che quello precedente era stato spalmato sulle tasse di tutti i contribuenti italiani, nella città eterna arriva un marziano, una figura apolide rispetto alle logiche di partito, un chirurgo di fama internazionale, cattolico ma di idee progressiste: Ignazio Marino. Il suo mandato in Campidoglio durò poco più di due anni: un tempo sufficiente per cercare di rimettere in ordine i conti della capitale, per chiudere la discarica di Malagrotta, ormai allo stremo e oggetto di enormi interessi malavitosi, per allontanare dal centro storico i camion bar gestiti con sistemi da malaffare dalla famiglia Tredicine, per aprire qualche altra stazione della linea C della metropolitana nonché i varchi d'accesso al litorale di Ostia, da decenni in mano alla mafia (e alla famiglia Spada in particolare), con connivenze gravissime da parte della politica e delle pubblica amministrazione. E ancora: pedonalizzazione dei Fori Imperiali con rilancio della zona archeologica adiacente e incremento delle iniziative culturali in città, a cominciare dallo splendido murale di Kentridge sui bastioni del Tevere. Tutto questo ha avuto un costo enorme: non in termini economici, ma politici. La giunta Marino si mise di traverso a interessi che andavano avanti da decenni, interessi che avevano dato un potere enorme ai palazzinari e alle partecipate, sempre sull'orlo del lastrico. A Palazzo Chigi, dove aveva preso posto Matteo Renzi, il nuovo corso di Marino non piacque affatto (come d'altronde le sue posizioni sui matrimoni omosessuali erano invise al Vaticano) e così partì una campagna diffamatoria che mise in luce l'unico vero neo di quella giunta: quello di non avere un ufficio comunicazione all'altezza che potesse ribattere punto per punto le calunnie costruite ad hoc dall'imbonitore toscano e dai suoi scherani. Ecco perché la questione degli scontrini per le cene di rappresentanza e quella della Panda rossa di proprietà del sindaco, usata senza presunti permessi dal primo cittadino in luogo delle auto blu, furono il vulnus che decretò l'accerchiamento di Marino da parte dei suoi capi partito. Un nugolo di lacchè, consiglieri al soldo di Renzi, andò così dal notaio (sic) per rassegnare le proprie dimissioni e la giunta fu sfiduciata.
Questi i fatti.
Il documentario mirabile per dinamismo e capacità di racconto di Francesco Cordio restituisce la voce a quell'uomo ingiustamente vituperato dai media, tornato nel frattempo a Philadelphia a lavorare come chirurgo, il quale - con serafica e cristallina chiarezza - racconta la sua versione di quel "pasticciaccio brutto" che fu la fine anticipata del suo mandato. Corredato dalle testimonianze della giornalista di Repubblica Federica Angeli (una che vive sotto scorta per avere messo a nudo le malefatte degli Spada), dal giudice Giancarlo Caselli e dai blogger Giovanni Caudo e Francesco Luna, il film a tratti rasenta l'agiografia, ma aiuta moltissimo a capire quanto marcio ci sia nel partito di Renzi e dei suoi pretoriani, dando anche a Marino l'opportunità di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, come quando fa riferimento a quel giornalista immondo,  quel monumento alla iattanza che è Francesco Merlo. Da vedere e rivedere e, soprattutto, da consigliare. Totalmente snobbato dalla critica e dai media, il film - tramite il passaparola - ha portato in sala interi torpedoni di spettatori, disposti a file sfiancanti pur di poterlo vedere.

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