Regia di Marco Proserpio vedi scheda film
Splendida la voce di Iggy Pop con cui si narra questa vicenda interessante, contemporanea, diaframmatica e cosmopolita. La musica è perfetta fin dalla canzone di apertura, che ci ricorda che l'uomo dal palolitico in poi, ha sentito l'esigenza di imprimere nei muri delle grotte e caverne la sua creatività, il suo senso dell'alto e del sublime.
IL RATTO DI PROSERPIO
«Quisquis humi pronus flores legis, inspice saevi me Ditis ad domum rapi»
O tu che, chino a terra, raccogli fiori, guardami mentre vengo rapita verso la casa del crudele Dite.
Fin dal paleolitico superiore, l'uomo ha sentito l'esigenza di imprimere nei muri delle grotte e caverne la sua creatività, il suo senso dell'alto e del sublime. Da Lascaux alla Val Camonica, scene di caccia, graffiti parietali preistorici, incisioni rupestri hanno riempito pareti naturali.
Quindi niente di nuovo se questa attività, ancestralmente riconosciuta, si ripercuote oggi su muri, treni, case contemporanee. In realtà essa rispecchia un'esigenza anche di andare contro il regime, il sistema, la legge e portare l'arte in luoghi, più inconsueti, meno patinati e finti, forse anche più autentici e artistici.
E' questo il caso della Palestina, già di per sè un universo di dicotomie e contrasti, un caleidoscopio di diaspora e resistenza, di bombe e angeli, ora più che mai con la costruzione di un muro gigante a Betlemme che separa vista, colori, colline, olivi, suoni e profumi della terra Santa da Israele.
Il documentario, quasi thriller di Marco Proserpio, nasce 10 anni fa dal suo incontro fortuito con Waleed the beast, un tassista enorme che fornisce una storia. Quella del murales di Banksy che ritrae un soldato israeliano. Egli è colto nell'atto di chiedere i documenti ad un asino. L'opera, contraddittoria ironica o meno, offende alcuni palestinesi, tanto che il capo di Waleed, decide di staccarla, con i 4 quintali di muro annessi, per venderla all'estero.
Da li si sprigiona una vicenda paradossale, ironica, triste, assurda fatta di viaggi tra mega collezionisti in paesi esteri, case d'aste, magazzini e depositi.
Già questa storia basterebbe di per sè ad alimentare non solo un film, ma una intera serie tv che proponiamo a RAI CINEMA. In realtà la vera potenza di questo intelligente, elegante e utile documento artistico cioè: THE MAN WHO STOLE BANKSY, è legata alle riflessioni che solleva tra copyright, violazione della legge, proprietà privata, dritto di esecuzione e di seguito. E chi più ne ha, ne metta.
Splendida la scelta della voce di Iggy Pop con cui si narrare questa vicenda che diviene super contemporanea, diaframmatica e cosmopolita.
Tutto scorre in modo interessante e ritmo, molti personaggi particolari intervistati, conditi da una netta e faconda colonna sonora originale di Federico Dragogna, Victor Kwality e Matteo Pansana. La musica è perfetta fin dalla potente canzone di apertura che rimane varia per tutti i 90 minuti, alternando rap arabo a pezzi distillati e onirici.
Insomma un super documento di bellezza, identità, proprietà e contemporaneità.
DA abbinare per chi non conosce l'artista con la mostra non autorizzata da Banksy in corso fino a febbraio 2019 al Mudec a Milano. Il tutto per avere un quadro più completo, ops pardon, un graffito.
ps: arriverà nelle sale cinematografiche distribuito da Nexo Digital solo l’11 e 12 dicembre coprodotto con RAI CINEMA. La colonna sonora è distribuita da C.A.M. Creazioni Artistiche Musicali S.r.l. una Società del gruppo Sugar.
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