Regia di Shane Black vedi scheda film
Proseguire una saga cinematografica, indipendentemente dalla popolarità, è uno dei compiti più ardui che un regista possa compiere. Si incappa sempre nel giudizio, nel confronto e si tende, anche involontariamente a paragonare una scena o piuttosto un dialogo tra quanto già visto e ciò che vediamo in quel determinato momento.
Il rischio è sempre lo stesso, oscilla tra la possibile perdita di credibilità e l’eventualità che ciò che viene raccontato finisca per essere ripetitivo, non essendo poi più capace di sorprendere lo spettatore che è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo o quantomeno coinvolgente.
Quarta pellicola della serie, iniziata nel 1987 con il film di John McTiernan, l’opera di Shane Black, che è qui anche attore, prima di essere stato ideatore di questa rivisitazione di cui, sembra, che siamo solo all’inizio. Purtroppo.
Incentrato principalmente sull’azione, già dalle prime sequenze sembra chiaro che il genere perseguito non sia tanto l’horror quanto l’avventura e, in nessuna momento dello svolgimento, la pellicola sembra appartenere ad un genere che non sia quello identificato fin dall’inizio. Tanto che, anche quando avviene l’approccio con il predatore, chi guarda è più incuriosito dalla messa in scena e dalla sceneggiatura che dall’aspetto spaventoso, non pervenuto, del mostro alieno.
E’ evidente l’intenzione di esaltare le capacità cognitive e l’intelligenza del predatore, necessaria per lo svolgimento della trama, piuttosto che concentrarsi sullo sviluppo di un carattere capace di incutere timore. Oltre a questo, che riduce di gran lunga la concentrazione dello spettatore che inizia a sottovalutare lo spessore della pellicola, è presente una sottile, a volte nemmeno troppo, ilarità; sviluppata attraverso doppi sensi e battute spesso al limite del ridicolo. Una scelta che non è ben chiara in quanto non sembra voluta e allo stesso tempo nemmeno involontaria. E’ presente a brevemente ma è talmente ridondante che riduce ulteriormente la credibilità dell’intera pellicola.
Menzione speciale per Jacob Tremblay che riesce ad attirare su di se l’attenzione, ogni volta che è in scena. La sua bravura, gli consente di interpretare Rory, il figlio autistico del protagonista, senza sbavature. Ma, considerando la natura sarcastica a cui la pellicola sembra votata, anche questo finisce per essere eccessivo e non apprezzato a pieno.
In conclusione un film non degno della saga che rappresenta. Laddove sembra che il filone voglia prendere una strada mai perseguita, lasciando la trafila horror per abbracciare la commedia. Valutandolo da quel punto di vista, non dovendo considerare la compostezza che ci si aspetta da un film consequenziale alla serie, di certo avrebbe ottenuto un consenso forse più unanime.
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