Regia di Jenn Wexler vedi scheda film
Thriller sanguinario ma con risvolti ambientalisti e -allo stesso tempo- venato da una lucida critica al pensiero reazionario. Debutto in regia di una ragazza molto promettente, patrocinato nientemeno che da Larry Fessenden. Eccezionale Jeremy Holm, qui nei panni di villain fascistoide animato da pura cattiveria.
Chelsea (Chloë Levine), il suo ragazzo e altri tre amici vengono colti di sorpresa dalla polizia durante un party a base di droga. Per sfuggire alla cattura, Gart (Granit Lahu) pugnala un agente che, via radio, riesce a comunicare l'identikit del suo aggressore e quello di Chelsea. I ragazzi, per timore di essere identificati, decidono di riparare nell'isolato cottage di Pete (Larry Fessenden), zio deceduto di Chelsea, ubicato nel parco di Blackwood Point. Zona il cui accesso è proibito a causa dell'elevato numero di cacciatori scomparsi o uccisi da lupi e orsi. Un ranger (Jeremy Holm) incontrato in un'area di servizio consiglia di non addentrarsi nel bosco, senza però essere ascoltato. Raggiunta la baita, sotto effetto di sostanze stupefacenti e dopo avere infranto diverse regole, un colpo di fucile centra in pieno una del gruppo. Ogni tentativo di fuga diventa a quel punto impossibile, perché un fanatico e reazionario serial killer conosce molto bene il territorio, a differenza della pietà. Le persone scomparse, infatti, giacciono -a pezzi- in gabbie, custodite in uno scantinato ai piedi della torretta di osservazione.
"Che peccato. A volte andiamo nei boschi... e non ne usciamo vivi. Sono qui per mantenere puliti questi boschi. Il presidente Truman mi ha ingaggiato per proteggere la fauna selvatica, paesaggio e patrimonio di questa montagna. Vandalismo alla proprietà del parco, non sarà tollerato." (Il ranger)
"Sai dove sono gli altri? Pezzi di uno sono a sud ovest. Pezzi di un altro ai piedi della montagna." (Il ranger a Chelsea)
Consistente debutto in regia della giovane Jenn Wexler, anche autrice -in coppia con Giaco Furino- della notevole sceneggiatura e già produttrice di svariati horror, tra i quali alcuni diretti da Mickey Keating (Darling, Psychopaths). Figura in questo ruolo anche nei credits di Beneath, film che rappresenta una probabile motivazione di scambio di favore con Larry Fessenden. The ranger comincia con titoli psichedelici, seguiti da un incipit in perfetto stile Anni '70, mettendo subito in scena cinque balordi (eccezion fatta per l'ambigua Chelsea) che riescono ad attirarsi le antipatie del pubblico, finendo però -con i loro sprezzanti, irrispettosi e maleducati modi di agire- per incontrare una pena un po' troppo eccessiva. Colpi di fucile -quando non un'accetta- nella faccia, piedi strappati da tagliole, dimezzamenti con parti del corpo date in pasto ai lupi. The ranger propone un campionario di efferatezze non indifferenti, anche se inserite in un contesto "significativo". Più horror che thriller, ma non meno che polemico verso la deriva estremista intrapresa dall'America di Trump. È chiaro come la Wexler, nei discorsi puramente reazionari messi in bocca al ranger, voglia fare il ritratto di un momento storico che vede in quella nazione (e purtroppo in molte altre) orientamenti ideologici verso una politica che ha preoccupanti connotazioni fasciste. Sì, i ragazzi infrangono le regole, meritano una punizione, ma anche la pena ha un limite. Ottimo, inquietante e decisamente di culto (il seguito non potrà, ahinoi, esserci) il personaggio del ranger, cui presta volto -per essere devastato con una pietra, in una lunga sequenza di ultrarealistica violenza- il convincente Jeremy Holm. Coprodotto da Larry Fessenden, che ricopre anche il ruolo dello zio di Chelsea, The ranger tiene ottanta minuti con il fiato sospeso, e il cervello attivo. Gioiellino.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta